14 maggio 2014 ore: 17:32
Non profit

Bene la riforma del terzo settore, ma non sia fatta con i “fichi secchi”

Secondo don Vinicio Albanesi, fanno piacere le linee guida pubblicate da Renzi, ma ora il lavoro dovrà avere quattro attenzioni: legare la riforma al nuovo welfare, distinguere le finalità all’interno del non profit, curare i rapporti istituzionali e prevedere risorse adeguate

Ad una prima lettura delle linee guida del terzo settore, pubblicate recentemente dal presidente Renzi, fa certamente piacere sapere che il governo abbia posto l’attenzione su un mondo presente nel paese e molto più numeroso e attivo di quanto l’opinione pubblica immagini. Ben vengano dunque la regolamentazione giuridica e fiscale, il servizio civile nazionale universale, l’istituzione dell’Authority del terzo settore.

boxIl lavoro di riforma sarà molto delicato e faticoso perché il cosiddetto mondo non profit è complesso: fare una riforma significa avere la capacità di leggere il fenomeno esistente e approntare strumenti (non solo giuridici) che sappiano “valorizzare” il fenomeno così come opera nel paese.

Con quattro attenzioni. La prima: il mondo del non profit (volontariato e non solo) è a stretto contatto con i fenomeni sociali. Fare una riforma senza aver fissato le linee del nuovo welfare è rischioso.

La seconda: oggi esistono stridenti contraddizioni tra finalità sociali, fiscalità dovute e regimi di regolamentazioni, risorse messe a disposizione e rapporti istituzionali. Il terreno di impegno del sociale è ampio: va dallo sport alla povertà; dai servizi sociali alle famiglie. La stessa organizzazione coinvolge dopolavori e imprese, cooperative e società a responsabilità limitata: pie donne e uomini a fianco di imprenditori; gente seria e approfittatori.

La terza attenzione va posta nei rapporti istituzionali. Capita spesso, non solo in questa fase di crisi, che le istituzioni pubbliche appellino alle risorse terze, dimenticando i propri obblighi istituzionali di aiuto e sostegno.

La quarta attenzione è alle risorse. Negli ultimi anni si sono accentuate regole di funzionamento, con i relativi obblighi, con offerte di sostegno e prezzi da pranzi con i “fichi secchi”.

E’ stato commesso l’errore, nel passato, di aver soppresso il ministero delle politiche sociali. Accorpati al Ministero del lavoro, i mondi degli “incapienti” sono stati resi invisibili. È da quindici anni che l’Istat pubblica i rapporti sulle povertà in Italia. Mai pensata nemmeno un’ipotesi di risposta.

L’appello esplicito è che la riforma del terzo settore sia accompagnata da una visione ampia dei mondi (quasi sempre marginali) ai quali esso si dedica. (Vinicio Albanesi)

 

Val al blog L’inquieto.