Il rito centrale delle celebrazioni liturgiche
Dopo la Festa della Trinità, la Liturgia celebra oggi la ricorrenza del Corpus Domini. E’ la liturgia dell’Eucarestia che rimarrà, per sempre, il rito centrale delle celebrazioni liturgiche.
Un rito che, nel tempo diverrà quotidiano perché, nella sua completezza, è la preghiera che unisce il popolo cristiano nella lode a Dio.
Si chiede perdono delle mancanze, si ascolta la parola di Dio, con il commento del presbitero (omelia), si recita il credo, l’inno del prefazio, si invoca la presenza del Signore, si proclamano le parole pronunciate nell’ultima cena, si pregano i santi, si ricordano i morti, si assume l’ostia sacra, per terminare con la benedizione finale.
E’ un rito completo che esprime la fede in tutte le sue caratteristiche; nel tempo subirà degli aggiustamenti marginali: centrali rimangono le parole scritte dall’Apostolo Paolo, in ricordo delle celebrazioni delle prime comunità cristiane.
Per molto tempo tali parole furono lasciate nella lingua latina. Con la riforma della liturgia, la celebrazione nelle lingue correnti ha permesso una partecipazione attiva e comprensibile, anche se permangono alcune riserve in onore del “sacro” che equivarrebbe al mistero espresso.
La presenza
L’eucarestia esprime la partecipazione del popolo cristiano alla celebrazione della propria fede. Una fede corale, solenne, convinta. Il rischio è che la frequenza porti verso l’abitudine, dimenticando i contenuti dell’eucarestia stessa.
E’ il ricordo della presenza del Signore in mezzo alla sua gente: ultimo saluto prima della sua morte. Il suo allontanamento dal mondo è accompagnato dal gesto che esprime la sua presenza.
Una presenza dolorosa per la morte che lo attende, ma anche la promessa dell’accompagnamento per sempre.
E’ quindi un ricordo che fa presente lo Spirito del Signore con la promessa “sarò sempre con voi”.
E’ un ricordo di donazione: la missione di Gesù è stata di salvezza. Pur nel breve tempo della sua missione, appena tre anni, egli ha percorso i villaggi della Palestina, predicando, guarendo, rivelando il volto di Dio.
La conclusione della missione, con la crocifissione, è stato il prezzo pagato per la coerenza della novità. I testi biblici fanno riferimento ai sacrifici della religiosità ebraica. Venivano sacrificati nel tempio gli animali per esprimere la lode a Dio.
Il dramma della morte
La morte e la risurrezione del Signore cambia radicalmente la narrazione della salvezza. E’ Gesù stesso, figlio di Dio, a pagare il messaggio religioso.
Nel dramma della morte di Gesù si ricapitolano tutti i mali del mondo. Con le sue esortazioni, con le indicazioni della presenza di Dio e delle risposte affidate all’umanità, si completa la cancellazione del male e si offre la prospettiva che va oltre la vita umana.
Sicuramente un mistero che, solo nella fede, può essere percepito. Eppure è umano, composto da gesti fisici e spirituali che offrono la prospettiva religiosa che porta a Dio.
I gesti della liturgia vogliono ricordare questa verità, spesso ignorata o sottovalutata. Nel “fate questo in memoria di me”, pronunciate da Gesù e riportate letteralmente da San Paolo, appena un paio di decenni dalla morte del Signore, è suggerita la fonte della celebrazione eucaristica.
I ricordi della passione sottolineano ciò che è avvenuto; sono da stimolo a quanto era stato predicato dal Maestro nelle circostanze della sua missione. I suoi linguaggi erano stati popolari - si pensi alle parabole – accompagnati da gesti taumaturgici, quali le guarigioni contro i mali del mondo: malattie, risurrezioni, eventi naturali avversi.
La partecipazione
Nelle celebrazioni solenni della liturgia eucaristica i contenuti raggiungono l’unità, accompagnati da proclamazioni di fede, da intercessioni, in contesti di solennità (l’altare, i paramenti, le candele, l’incenso).
Un modo tangibile per esprimere l’adesione alla fede religiosa del Nazareno.
L’eucarestia è anche occasione di espressione esteriore solenne: le processioni, le infiorate hanno voluto essere la manifestazione pubblica di un popolo tra le proprie case. Il modo di esprimere pubblicamente la propria fede, nel rispetto di tutti, ma anche nella propria identità di cristiani.
Infine l’eucarestia, con la conservazione delle sacre specie nel tabernacolo, invita alla meditazione profonda della fede nel Signore.
Al di là del mistero di questa presenza, la conservazione del pane, diventato eucarestia, esprime il bisogno personale di silenzio, di riservatezza, di dialogo intimo tra se stessi e il mistero divino.
Lo Spirito parla, suggerisce, consola se gli si offre la possibilità di essere ascoltato.
L’eucarestia è dunque un gesto nobilissimo di fede e della sua proclamazione, in fraternità, ma anche nel silenzio di cuori solitari.
L’inno, Panis angelicus, scritto da san Tommaso, esprime poeticamente la santità dell’Eucarestia:
« Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi».
Per concludere:
«Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nùtrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi».
2.6.2024 – Anno B
Festa del Corpus Domini
(1ª lett.: Es 24,3-8-– Sal 115 (116) - 2ª lett.: Eb 9,11-15 – Vangelo: Mc 14,12-16.22-26)