La luce e le tenebre
Avvicinandosi la Pasqua, la liturgia fa intravvedere gli scenari delle tragedie. La prima lettura narrata dal Libro delle Cronache si riferisce alla deportazione di Babilonia. Per cinquant’anni dal 587 al 537 a.C. furono deportati a Babilonia da Nabucodonosor, in tre periodi, i notabili della Palestina.
Fu distrutto prima il Tempio e in secondo momento, fu rasa al suolo Gerusalemme. Le persone semplici rimasero nelle campagne.
Con Ciro, il persiano, Babilonia fu conquistata e gli Ebrei poterono rientrare nella loro terra. Il riferimento alla deportazione e al ritorno alla propria terra è molto celebrato nei testi sacri.
Il più commovente e poetico è scritto nel salmo 136.
Là sedevamo e piangevamo
« Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.
Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
"Cantateci canti di Sion!"
Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.
Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia».
La deportazione è ricondotta alle infedeltà del popolo. Ogni elemento della storia è collegato all’azione di Dio che punisce o benedice.
Il male si riferisce alla cattiva condotta di un popolo che non ha dato ascolto ai profeti e alla parola di Dio: «Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l'ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi».
Luce - tenebre
Di ben altra prospettiva è la salvezza spiegata dall’Evangelista Giovanni. Il male persiste nel mondo; solo la fede nel Signore Gesù può salvare dal male.
Per spiegare la presenza del male e la salvezza, il Vangelo ricorre alle contraddizioni di luce/tenebre. Un’immagine cara al quarto Vangelo che vi ricorre spesso.
In aggiunta alle interpretazioni antiche è suggerita la possibile via di uscita:
«La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Le parole evangeliche equiparano la luce alla verità: spetta al singolo credente agire seguendo la fede; « Chi crede in lui [Cristo] non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio».
La prospettiva dell’evangelista è chiara ed è molto esigente: non c’è verità e salvezza al di fuori di chi non accoglie le indicazioni del Signore.
La prospettiva sottolinea due certezze: la prima è che nel Vangelo, per chi ha fede, sussistono tutte le condizioni per agire nel bene; la seconda fa presente che la libertà del cristiano permette di agire con sincerità.
Dio ama il mondo e le sue cose: ha seguito la creazione con amorevolezza e gratuità. Anche dopo l’errore è stato misericordioso, offrendo salvezza. Spetta al “mondo", inteso in senso globale, rispondere con la buon condotta.
Infatti, secondo san Paolo, «Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo».
10 Marzo 2024 – Anno B
IV Domenica di Quaresima
(1ª lett.: 2Cr 36,14-16.19-23 – Salmo 136 (137) -2ª lett.: Eb 2, 4-10-18 - Vangelo: Gv 3,14-21)