15 giugno 2024 ore: 17:58
Società

La natura per raccontare la presenza di Dio

I testi della liturgia di oggi possono esser letti come un inno della natura. Gli esempi (parabole) sono improntate alla vita biologica che, con le sue leggi, sviluppa i semi perché possano portare frutto...

I testi della liturgia di oggi possono esser letti come un inno della natura. Gli esempi (parabole) sono improntate alla vita biologica che, con le sue leggi, sviluppa i semi perché possano portare frutto.

I cedri

Nel testo del profeta Ezechiele la similitudine è sul ramoscello della cima del cedro da piantare su un monte alto. Il cedro è l’emblema della grandezza, della potenza e della bellezza. E’ utilizzato per la costruzione dei tetti, delle navi, dei mobili delle famiglie ricche. E’ utilizzato per la purificazione della malattie. L’albero simboleggia anche il giusto e la fede robusta e costante.
Il brano conclude che Dio è padrone di tutto: sia della vita, che della sua scomparsa. Una visione cosmologica oggi difficile da comprendere e accettare, ma che, nella visione di oltre duemila anni fa, è un’assoluta novità. Non più dèi, divinità capricciose o incomprensibili, ma un Dio creatore e attento custode del creato.
Una cultura di tutela dell’ambiente oggi in rinascita. Non più attribuibile a Dio direttamente, ma alla natura il cui equilibrio è messo in sofferenza dall’azione umana.
La saggezza dice di non violentare la natura che, a prescindere dalla vendetta, reagisce secondo le leggi che la governano.
Una sensibilità che è più acuta in chi è attento alle generazioni che verranno.

Il Salmo 92 racconta:

« Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità».

La caratteristica della parabola è l’assumere elementi ambientali, come gli alberi, per raccontare a gente semplice, spesso agricoltori, la presenza e la grandezza di Dio.
Una similitudine che parte dall’esperienza quotidiana per arrivare al modo di agire divino. Continui richiami alla natura inculcano concetti profondi per la speranza che verrà per chi segue i comandi che il profeta suggerisce.

I granelli di senape

Il brano del Vangelo parte da un diverso elemento della natura. L’Evangelista descrive il processo della semina, della crescita e della mietitura del grano e della senape. Il raffronto è con il regno di Dio. Un’indicazione anch’essa di speranza e di certezza.
Chi pianterà il seme della parola di Dio raccoglierà frutti abbondanti. Occorre coraggio per paragonare un processo naturale con la prospettiva religiosa.
Aiutano le parole di Paolo nella lettera ai Corinti: «Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore.
Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi.
Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male».
L’Apostolo distingue la fede dalla visione di Dio: la prima è insita nella vita fisica, la seconda nell’al di là, dopo la morte.
La riflessione non è più orizzontale, compresa nella vita umana, ma si proietta nella dimensione dello spirito, in attesa della visione di Dio. Anche nella vita fisica sono presenti elementi di spiritualità che suggeriscono la duplice dimensione del corpo e dell’anima.
Trovarne l’equilibrio è una dimensione che nulla toglie al benessere e allo sviluppo delle capacità umane, ma aggiunge e dà ragione alla radice che va oltre la dimensione biologica.

16 Giugno 2024 – Anno B
XI Domenica tempo ordinario
(1ª lett. - Ez 17,22-24 – Salmo 91 (92) - 2ª lett.:  2Cor 5,6-10  – Vangelo: Mc 4,26-34)