Tra fratelli e sorelle
Le Letture di oggi sono orientate ad illustrare la figura di chi deve guidare il popolo cristiano nel comunicare, salvaguardare e annunciare il cristianesimo.
La parabola usa un linguaggio comprensibile a chi ascoltava Gesù. L’immagine del gregge era comune a tutti gli ascoltatori: erano pastori e agricoltori; avevano esperienza del gregge. La ricchezza derivava dalle proprietà terriere e dagli animali che arrecavano vantaggi. La stessa Pasqua si celebrava immolando l’agnello: immagine che nei Vangeli è attribuita a Gesù.
La parabola è ripresa, anche se in tono teologico, dal Vangelo di Giovanni, che chiama Gesù il “buon pastore”.
Ha lasciato detto
Riperdendo i contenuti della parabola si possono sottolineare le caratteristiche adeguate a chi è chiamato a guidare la Chiesa tutta.
Il primo sentimento è quello della gratuità: il paragone con i mercenari è esplicito. Fare da guida non è un mestiere, né una professione, ma la chiamata a comunicare ciò che il Maestro, con la testimonianza dei discepoli, ha lasciato detto.
Una missione dunque spirituale: non organizzazione, tanto meno struttura di potere. Il fondamento della missione porta direttamente alla visione spirituale del cristianesimo.
Nella storia della Chiesa non sempre è avvenuto tutto questo: ci sono tati periodi nei quali, in nome della missione si sono mescolati annunci spirituali con gestione delle cose terrene. Non si può dimenticare il sorgere e la gestione dello Stato pontificio. Sono state suggerite molte esigenze che hanno portato al possesso di beni materiali in nome del Vangelo.
Fortunatamente la questione oggi non si pone: l’organizzazione della Chiesa cattolica ha abbandonato ogni dimensione terrena per ritornare alla visione spirituale.
E’ vero che nella vita concreta non si vive di solo spirito; i beni materiali non possono diventare strumenti di evangelizzazione, ma soltanto condizioni di sopravvivenza umana.
Tra fratelli e sorelle
Il secondo grande insegnamento è l’unità che si richiede nel popolo del Signore: ogni battezzato, in quanto tale, è chiamato alla testimonianza e alla evangelizzazione.
Non sono ancora state superate le distinzioni tra clero e laici. Le parole del Vangelo suggeriscono un’unità che deve essere sempre tenuta presente: «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me». Quel conoscere indica unità, relazioni paritarie tra fratelli e sorelle; in termini teologici è stato elaborato il concetto di “comunione”.
Esistono vari modi di far comunione: in questo caso l’essere in comunione significa avere gli stessi ideali, comunicarli disinteressatamente, aiutarsi nella reciprocità perché ciò che conta è la visione di Dio.
Datore della vita
E’ l terzo passaggio che la parabola suggerisce: lo scopo dell’azione missionaria non è la religione, ma l’aiuto all’incontro con Dio.
Il Dio rivelato da Gesù Cristo che dalla creazione umana fino alla risurrezione fa scoprire la bontà, l’intelligenza e la libertà della religione cristiana.
L’immagine finale della parabola riporta al Padre, nel riconoscerlo datore di vita e di accompagno oltre la morte.
Lo stesso san Giovanni, nella sua Lettera, esprime chiaramente la vicinanza, la conoscenza e la grandezza di vivere in Dio. I cristiani sono chiamati figli; una condizione che accomuna al divino nell’intimità che solo – con parole umane – è espressa nella figliolanza:
«Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è».
Il passaggio è epocale perché dalla dimensione limitata e fragile della condizione fisica e umana si passa alla dimensione spirituale che significa immortalità, conoscenza e amore.
Il salmo, con parole poetiche esprime i sentimenti di lode e di intima vicinanza.
«È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell’uomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto».
21 Aprile 2024 – Anno B
IV Domenica di Pasqua
(1ª lett.: At 4,8-12-– Salmo 117 (118) - 2ª lett.: 1Gv 3,1-2 – Vangelo: Gv 10,11-18)