25 marzo 2014 ore: 16:39
Immigrazione

“Più succo nelle aranciate: così si riduce lo sfruttamento dei braccianti”

La ricetta di Coldiretti contro il “paraschiavismo” degli immigrati stagionali, che solo nella piana di Gioia Tauro raccolgono il 20 per cento degli agrumi del meridione: elevare per legge la percentuale di succo di arancia nelle bibite per dare più margine ai produttori
Raffaella Cosentino/Redattore sociale Immigrazione: Rosarno, ragazzo ripone arance su casse (Cosentino 1)

Immigrati a lavoro nella Piana di Gioia Tauro

boxROMA – Basterebbe aumentare di pochi punti la percentuale di succo d’arancia presente nelle aranciate, passando per legge dal 12 al 18% al litro, per migliorare le condizioni di lavoro dei braccianti stagionali stranieri nella Piana di Gioia Tauro e nel resto d’Italia. Ne è convinto Stefano Masini, responsabile Ambiente, Territorio e Consumi di Coldiretti che è intervenuto alla Camera dei Deputati nel corso di una conferenza stampa su sfruttamento e agromafie, dal titolo “Le Rosarno d’Italia”.

A un capo del tavolo c’era Lamine Bodian di Sos Rosarno, prima bracciante negli agrumeti e ora mediatore culturale, all’altro il rappresentante Coldiretti. In mezzo, i deputati Pd Khalid Chaouki (intergruppo immigrazione) e Marco Miccoli (Commissione Lavoro), e Alberto Barbieri di Medici per i diritti umani che ha presentato un rapporto dopo aver monitorato le condizioni disumane in cui ancora vivono e lavorano i braccianti africani a Rosarno.

Nella Piana di Gioia Tauro viene prodotto il 20% degli agrumi di tutta l’Italia. Si tratta di frutti usati per la trasformazione industriale. Le immagini mostrate da Medici per i diritti umani (Medu) con un video e delle foto testimoniano una condizione di paraschiavismo in cui ancora sono costretti a lavorare nei campi i braccianti africani che raccolgono quelle arance. Immagini che hanno colpito anche Masini, il quale ha esordito dicendo che “le testimonianze pesano sulle nostre responsabilità”, ma ha continuato affermando che “per uscire dallo sfruttamento occorre fare vera agricoltura”.

Anche Masini ha scattato una fotografia impietosa della situazione a Rosarno, non con le immagini ma con le parole, esprimendo il punto di vista di Coldiretti. “La dimensione delle aziende di quella zona è in media di 0,70 ettari, cioè al di fuori di una dimensione di impresa – ha spiegato – il proprietario, che io non chiamerei agricoltore, vende il frutto in piedi, cioè quando è ancora sulla pianta, a un intermediario che affida la raccolta a soggetti terzi, gestisce il commercio del frutto e la logistica. In questo sistema c’è una rete di criminalità organizzata che crea anche dei monopoli”. Secondo Masini “questa non è agricoltura, è sfruttamento del territorio e un’attività di rendita parassitaria”.

Per destrutturare questo sistema, sempre secondo il rappresentante di Coldiretti, “bisogna agire sulla ridistribuzione del valore”. Masini cita l’esempio di Sos Rosarno, una rete che garantisce l’assunzione regolare a un piccolo numero di africani attraverso la vendita di agrumi con i gruppi di acquisto solidale, che “per riscattare il lavoro tenta di creare una filiera corta”.

E qui arriva la centralità del succo d’arancia, nel quale finiscono le arance raccolte a Rosarno. Alla Camera si sta discutendo in questo momento la legge europea di modifica della disciplina delle bevande a succo di frutta. Per legge, un litro di aranciata deve contenere minimo il 12% di succo d’arancia, che è pari, secondo il prezzo pagato sul mercato ai produttori di arance, a 3 centesimi di arance, mentre la bottiglia di aranciata viene venduta al consumatore finale a un euro e cinquanta centesimi. “Aumentare di un punto percentuale la presenza obbligatoria di succo dentro le bevande all’arancia, sarebbe pari a 250mila quintali in più di arance acquistate dall’industria di trasformazione – spiega Masini – così se portiamo la percentuale dal 12 al 15% avremo 5 centesimi di arance invece di 3 come costo per quella bottiglia di aranciata da un litro”.

Secondo il rappresentante di Coldiretti “la percentuale di succo d’arancia per ogni litro d’aranciata dovrebbe passare al 18% per legge, perché questo aumenta il valore delle arance e può migliorare le condizioni di lavoro”. (Raffaella Cosentino)

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