Anziani e non autosufficienza, la rivoluzione necessaria
Niente visite dei parenti, niente uscite all'esterno, riduzione anche dei contatti e degli incontri all'interno: un lockdown, di fatto mai finito, per gli anziani e le loro famiglie nell’emergenza sanitaria legata al coronavirus. Una situazione estrema, che ha mostrato tutta la fragilità di alcuni sistemi assistenziali e socio-sanitari e contribuito ad accendere una luce, anche nel dibattito mediatico, sulla popolazione anziana, facendo emergere i nodi critici.
La gravità di alcuni focolai in case di riposo e strutture di accoglienza, che si sono isolate per rispondere alla pandemia e proteggere i propri ospiti dagli effetti di un virus sconosciuto e letale per i "grandi vecchi" del nostro paese, ha fatto riemergere limiti già noti di un sistema di cura e la necessità di ripensarne l'organizzazione. Una dimensione che preoccupa e chiede di allargare lo sguardo all’accoglienza che verrà. Un ripensamento delle strutture che superi gli attuali modelli, una “rivoluzione” necessaria.
Un'indagine, condotta da Senior Italia FederAnziani su un campione di oltre 600 over65, per analizzare le paure e le difficoltà incontrate durante la pandemia, ha mostrato come gli anziani, “terrorizzati dal Covid”, si siano imposti un auto lockdown. Tra le paure più grandi, finire in ospedale e morire soli.
Il rapporto “Abbandonati” di Amnesty International Italia, nell’ambito del quale sono state raccolte oltre 80 testimonianze, ha analizzato l’impatto delle decisioni e pratiche delle istituzioni nella risposta all’emergenza nelle strutture di residenza sociosanitarie e socioassistenziali, rilevando la “mancata tutela del diritto alla vita, alla salute e alla non discriminazione degli ospiti! Lo studio ha riguardato Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto.
Per rispondere alla necessità di una profonda riflessione sulle politiche di assistenza sociosanitaria per la popolazione più anziana il ministero della Salute ha deciso di istituire una commissione di riforma. Obiettivo, arrivare a un “nuovo modello di assistenza sanitaria e sociale che aiuti gli anziani a vivere nelle loro case, nel loro habitat, nel tessuto famigliare e sociale".
Una proposta di riforma in questa direzione viene da don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco che ipotizza un percorso che conduca entro la fine del 2026 alla chiusura delle odierne strutture, con la messa in campo di misure di aiuto alle famiglie nella permanenza delle persone anziane in casa, anche con l'istituzione di un albo di persone adeguate alla loro assistenza in famiglia. O in alternativa la creazione di strutture di tipo familiare, che siano il più possibile vicine ai luoghi di residenza e che non ospitino più di 15 anziani. Il dibattitto sul futuro delle Rsa è aperto: riformare o cancellare?
A soffrire non solo gli ospiti delle strutture ma anche i familiari. Forte la richiesta di poter continuare a vedere i propri cari, pur con tutte le precauzioni necessarie. Il rischio dell'istituzione totale è richiamato anche in una lettera del Garante nazionale delle persone private di libertà ai presidenti delle regioni, dopo le tante segnalazioni sulle impossibilità di incontrare le persone care o di riferimento. Quello che alcune associazioni di caregiver di Roma e del Lazio denunciano come lo "spettro del manicomio".
In questo senso una svolta importante sulla gestione di Rsa e Rsd è venuta dal ministero della Salute, che in un documento intitolato "Disposizioni per l'accesso dei visitatori a strutture residenziali socioassistenziali, sociosanitarie e hospice e indicazioni per i nuovi ingressi nell'evenienza di assistiti positivi nella struttura". Fornisce indicazioni per la gestione in sicurezza delle attività socio-relazionali all'interno delle strutture - dalla fisioterapia ai collegamenti digitali fino alle "stanze degli abbracci" - per consentire le visite di familiari e volontari.
Come dovrebbero essere le residenze del futuro e quanto costa una riforma complessiva dei servizi di cura lo spiega il Network Non Autosufficienza, nato nel 2009 e composto da studiosi, dirigenti di servizi pubblici e privati e consulenti, che ha stillato una proposta per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con un pacchetto di "azioni necessarie". Prevede un investimento di circa 7,5 miliardi per la non autosufficienza, 5 dei quali per i servizi domiciliari. Per la riqualificazione delle strutture sanitarie sono stimati 1,75 miliardi. L'idea è quello di un progetto personalizzato integrato per ogni anziano non autosufficiente che riunisca gli interventi, forniti separatamente da Asl, Comuni e Inps, e tenga conto del lavoro di caregiver e assistenti familiari.
Leggi qui sotto gli articoli e i documenti correlati.