Braccianti stranieri, in Campania quasi tutti stanziali ma vittime di irregolarità e truffe
Gli strumenti di lavoro - Foto: Medu/Agosto 2014 |
ROMA - Sono quasi tutti stanziali, molti hanno un contratto, ma le irregolarità su retribuzione e contributi non mancano, mentre spesso si assiste a compravendita di contratti per ricevere il permesso di soggiorno. E’ quel che accade ai lavoratori migranti della Piana del Sele in Campania, secondo quanto riporta il rapporto “Terraingiusta” curato da Medici per i diritti umani (Medu) presentato oggi a Roma. Con un territorio di circa 500 chilometri quadrati che si estende a sud di Salerno, nella Piana del Sele operano oltre quattromila imprese agricole. “Dei circa 14 mila lavoratori agricoli registrati negli elenchi Inps, circa il 50 per cento è rappresentato da stranieri provenienti prevalentemente dal Marocco e dai paesi comunitari dell’est europeo come Romania e Bulgaria - spiega il rapporto -. La percentuale effettiva di migranti impiegati nelle attività agricole della Piana oscilla, secondo alcune stime, tra il 60 e l’80 per cento”.
L’età media dei lavoratori incontrati da Medu sul territorio è di circa 36 anni e si tratta per lo più di lavoratori stanziali: il 96 per cento risiede stabilmente nella zona. L’80 per cento, inoltre, ha dichiarato di essere in Italia da più di due anni, il 56 per cento da più di 5. Più del 70 per cento conosce l’italiano. Gli irregolari sono il 28 per cento, 6 su dieci invece sono i regolari, stessa percentuale per i contratti di lavoro regolari. Il 36 per cento non ne ha. “Nonostante la paga minima giornaliera prevista dai contratti collettivi vigenti sia di circa 48 euro lordi - spiega il rapporto -, i migranti intervistati hanno dichiarato di percepire in media 32 euro. Per quanto concerne il versamento dei contributi sociali, il 64 per cento dei lavoratori agricoli con regolare contratto ha dichiarato di vedersi riconosciute un numero di giornate inferiori a quelle effettivamente svolte, il 17 per cento di non sapere se gli siano state o gli saranno riconosciute delle giornate di lavoro a livello contributivo mentre il 19 per cento non ha risposto alla domanda. “Lavoro sei giorni alla settimana, sette, otto o nove ore al giorno e prendo trenta euro - racconta Tina, dalla Romania -. Ho un contratto di lavoro ma la busta paga è falsa: io lavoro quasi tutto il mese ma il padrone mi versa contributi solo per 102 giornate all’anno. Poi la paga che c’è scritta nella busta paga è una cosa ma quella che prendi è un’altra. Nella mia c’è scritto che prendo 48 euro al giorno ma io ne prendo solo 30”.
Tra i migranti che hanno affermato di avere un contratto di lavoro, inoltre, il 12 per cento ha ammesso il ricorso al caporale. Tale percentuale sale al 49 per cento tra i lavoratori irregolarmente soggiornanti e al 43 per cento tra quelli che lavorano in nero”. Migliori di altri territori su cui ha indagato il rapporto, le condizioni abitative. La maggior parte degli intervistati, infatti, vive in case in affitto. Solo l’8 per cento vive in condizioni precarie. Quasi uno su due tra i regolarmente soggiornanti non è iscritto al Servizio sanitario nazionale. E infine non mancano le truffe ai danni dei migranti. “A volte i migranti vengono in Italia dopo pagamento anche di 7-8 mila euro per un pre-contratto che li regolarizzerebbe - spiega Salvatore Loffreda, direttore federazione provinciale Coldiretti Salerno -, ma in realtà poi le aziende agricole non esistono e quindi si torna all’irregolarità”. L’altro meccanismo che viene descritto nelle testimonianze è quello della compravendita dei contratti di lavoro, indispensabili per il rinnovo del permesso di soggiorno. In questo caso un contratto può costare al migrante dai 500 ai 1.500 euro.