Caporalato, i sindacati: “Responsabilità penali anche alle aziende che sfruttano”
ROMA – Migliorare la legge che riconosce il caporalato come reato penale andando a colpire anche chi se ne avvale e tutelando maggiormente le vittime. È quanto chiedono Flai Cgil e Fai Cisl al governo in vista del vertice di domani sul caporalato indetto dal ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina. Dalla Cgil, la richiesta di misure certe, ma non d’urgenza. “In questo paese, molto spesso, quando succede qualcosa si parla sempre a misura d’emergenza pensando che si tratti di un problema che esiste solamente in quel momento – spiega Giovanni Mininni, segretario nazionale Flai Cgil -. Il caporalato, invece, è un problema che esiste da anni. Le leggi ci sono, vanno migliorate. Fare una legge d’emergenza no”. Per Mininni, occorre lavorare sulle leggi esistenti contro il caporalato. “La legge è abbastanza recente – ha spiegato -. Risale a quattro anni fa. Quella legge semmai andrebbe perfezionata laddove si riesce con difficoltà a dimostrare il reato di caporalato. La legge, inoltre, non comprende una punibilità per chi utilizza il caporalato”. Per Mininni, però, occorre tutelare anche gli immigrati che denunciano a rischio rimpatrio. “Apportando queste modifiche a questa legge che noi abbiamo tanto voluto – spiega Mininni -, si potrebbe ottenere uno strumento efficace nel contrasto al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori”.
Il Fai Cisl, invece, chiede interventi certi, ma anche urgenti come un “decreto per estendere le responsabilità penali connesse al caporalato, rafforzare gli strumenti di premialità per le imprese in regola, un tavolo interministeriale permanente e strutturato aperto alla partecipazione dell'impresa e del lavoro agricolo: la controffensiva deve essere vasta, organica e soprattutto partecipata". Lo afferma in una nota Luigi Sbarra, segretario confederale Cisl e commissario nazionale della Fai-Cisl. Per Sbarra vanno fatti passi avanti “anzitutto con l'allargamento delle responsabilità penali – spiega -, che non devono coinvolgere solo gli aguzzini nei campi ma anche le aziende che traggono beneficio da questa piaga”. Per Sbarra, la strada da seguire “è quella della riqualificazione del lavoro rurale e dell'implementazione di certificazioni etiche come la Rete del lavoro agricolo di qualità, strumento che va sviluppato in tutte le sue potenzialità, anche con l'attivazione della cabina di regia istituita presso l'Inps per orientare in modo collegiale l’attività ispettiva e di vigilanza. In questo quadro, sindacati e rappresentanze datoriali sono chiamati a dare un contributo ricorrendo agli strumenti della bilateralità e della contrattazione decentrata per assicurare un presidio solido ed efficace sui territori. Servono strumenti legislativi di urgenza, un decreto legge che metta subito sui giusti binari questo percorso".