Minori migranti, un grido dall’interno dell’hotspot di Pozzallo: "Aiutateci!"
POZZALLO – “Abbiamo bisogno di aiuto. Siamo qui da un mese, vogliamo andarcene ora. Qui non va bene niente, è come una prigione”. E’ questo il grido lanciato questa mattina da alcuni dei minori non accompagnati dall’interno dell’hotspot di Pozzallo (Ragusa), nel corso della manifestazione finale del Festival Sabir che ha avuto come tappa conclusiva il centro per l'identificazione dei migranti. Qui attualmente sono trattenute 140 persone, di cui 120 minorenni, che arrivano da diversi paesi: Egitto, Mali, Nuova Guina, Gambia.
“Il motivo per cui chiedono aiuto è perché sono qui da un mese, in un posto non adatto ad accoglierli, dove sentono di ricevere un trattamento ingiusto – sottolinea Filippo Miraglia, vicepresidente di Arci nazionale -. Bisognava trasferirli subito, non possono stare qui. Siamo venuti questa mattina davanti all’hotspot per ribadire la nostra solidarietà”. Alcuni dei manifestanti si sono attaccati alle inferriate della struttura gridando “No borders, no nation, no deportation”. “Nessuno lascia casa sua se quella non è la bocca di un pescecane - hanno aggiunto -. Dobbiamo abbattere tutti i muri”.
Il corteo dimostrativo che chiude Sabir, la tre giorni delle organizzazioni sui temi dell’immigrazione (organizzato da Arci, Caritas, A Buon diritto, Asgi, Carta di Roma e Acli), è partito questa mattina dalla spiaggia di Pozzallo con lo slogan “No ai muri, sì all’accoglienza. Humans are not passports”. Alcuni dei partecipanti si sono sdraiati sulla sabbia per formare la scritta “No ai muri”. La manifestazione è poi proseguita fino all’hotspot.
Il Festival Sabir ha visto la partecipazione di 1300 persone, provenienti da 25 paesi: 800 in tutto gli iscritti ai workshop, 300 gli studenti delle scuole di Pozzallo che hanno partecipato all'incontro con la presidente della Camera Laura Boldrini. All'iniziativa hanno aderito 50 reti internazionali. (ec)