28 maggio 2013 ore: 11:37
Economia

Sarte ''svantaggiate'' danno nuova vita a abiti di marca. Nasce il brand Quid

BELLE IMPRESE. Progetto di cinque ragazzi under 30. La presidente Fiscale: ''In Italia pochi gli esempi di progetti che combinano il recupero di materiali che altrimenti andrebbero smaltiti in discariche con la possibilità di impiegare persone svantaggiate"
progetto quid - magliette

VERONA - Quando si dice ‘avere un quid in più’: mai frase fatta fu più azzeccata per descrivere il bell’esperimento ideato da cinque ragazzi under trenta del veronese che, in pochi mesi, hanno messo in piedi una cooperativa sociale che fa del recupero e del riciclo di capi d’abbigliamento unito alla volontà di impiegare persone svantaggiate le sue ragioni fondanti.
Anna Fiscale, presidente del progetto Quid (http://www.progettoquid.it), ha avuto un’idea semplice quanto geniale: “Tornata da Haiti abbastanza disillusa dal lavoro delle grandi organizzazioni umanitarie che operano lì nel dopo terremoto, mi sono chiesta cosa fare della mia vita - spiega a Redattore Sociale -. Parlando insieme ad altri quattro amici abbiamo pensato: perché non contattare i grandi marchi della moda made in Italy e chiedere se ci danno i loro capi di fine collezione o che non utilizzeranno più, riadattarli con lavori sartoriali, ribrandizzarli e rivenderli come nostri? E, per dare proprio quel quid in più dal quale il progetto trae il suo nome,perché non impiegare donne svantaggiate?”
Così Anna e i suoi quattro soci hanno contattato delle aziende del veronese che si sono da subito dimostrate interessate, a tal punto che una di queste ha addirittura dato ai ragazzi, attraverso una fondazione, i fondi per partire con un’associazione, presto convertita in cooperativa sociale.
 
A novembre scorso il lancio del progetto Quid, con la produzione di millecinquecento maglie, a dicembre le prime vendite. Ora la cooperativa impiega sette donne: una romena con una disabilità grave e con un trascorso di violenza domestica, tre donne reduci da problemi di alcol e tre vittime della tratta della prostituzione che stanno seguendo un percorso di reinserimento sociale per cercare di rifarsi una vita.
“Dai cinque soci fondatori - racconta Anna - ora siamo passati a nove, fra cui anche due ragazzi non vedenti che ci danno una mano per quanto riguarda la comunicazione. Le vendite sono andate bene e stiamo allargando il bacino dei marchi che ci forniscono capi da modificare e ribrandizzare. Siamo in procinto di coinvolgere grandi aziende che operano su mercati internazionali e proporremo loro di unire il marchio Quid ai rispettivi nomi. Prendendo un esempio fittizio, se proponessimo la cosa alla Levi’s, avremmo così jeans griffati ‘Quid for Levi’s, tanto per capirci”.
 
“In Italia - dice Anna - sono pochi gli esempi di progetti nel campo della moda che combinano il recupero di materiali che altrimenti andrebbero smaltiti in discariche o comunque utilizzando canali più tradizionali con la possibilità di impiegare persone svantaggiate. Un’altra cosa che facciamo è dare agli artisti locali la possibilità di creare modelli per i nostri prodotti, che restano comunque artigianali e venduti in edizioni limitate”.
E per il futuro? “Vogliamo potenziare la nostra rete di vendita - spiega Anna - ma soprattutto ampliare la collaborazione con più aziende di moda e, attraverso il marchio ‘Quid for’, come spiegavo in precedenza, fare in modo che siano gli stessi grandi marchi a rivendere i loro capi, precedentemente invenduti, ora rilavorati da Quid”.
Il progetto Quid ha vinto il premio nazionale per giovani imprenditori “A caccia di Pionieri” (http://pionieri.progetto-rena.it/).
 
In Europa, secondo l’organizzazione RREUSE (http://www.rreuse.org), che raccoglie le cooperative sociali attive nell’ambito del recupero di materiali di ogni genere, sono oltre 50 mila le persone svantaggiate impiegate dalle imprese sociali nel settore del riciclo e riutilizzo. Michal Len, direttore di RREUSE, sottolinea: “E’ importante che progetti come Quid si stiano diffondendo in Europa e in Italia, perché danno lavoro a persone che difficilmente riuscirebbero a trovare altrimenti un impiego e permettono loro di sviluppare professionalità spendibili in un momento in cui l’occupazione rappresenta la più grande delle emergenze. E’ ora che il privato si renda conto dell’importanza di queste iniziative e cominci a investire in progetti simili, dove il rispetto per l’ambiente e la buona pratica del riciclare e del recuperare  fanno di pari passo con l’offrire un’opportunità di lavoro a persone svantaggiate”. (Maurizio Molinari)

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