"Lamiere", viaggio a fumetti nella baraccopoli Deep Sea di Nairobi
BOLOGNA - “L'Onu ha definito uno slum come un luogo urbano sovraffollato, con case scadenti, accesso inadeguato ad acqua e servizi igienici e stato abitativo precario. Ci siamo documentati prima di partire, la preparazione è stata lunga ma nonostante questo, il primo ingresso a Deep Sea ci ha messo di fronte a una realtà a cui non eravamo preparati. La dimensione tattile, olfattiva, corporale dello slum era reale. Al di là dello spaesamento, abbiamo cercato di raccontare quello che ci accadeva senza filtro, senza retorica o pietismo ma cercando di mantenere una sobrietà narrativa”. Giorgio Fontana, Danilo Deninotti e Lucio Ruvidotti hanno partecipato a una delle missioni della ong Rainbow4Africa a Deep Sea, uno degli slum di Nairobi. Ne è nato “Lamiere”, un reportage a fumetti pubblicato da Feltrinelli Comics. “Deep Sea è un piccolo slum in cui vive qualche migliaio di persone, è una delle aree più povere di Nairobi – continua Danilo Deninotti – Nel mondo 1 persona su 8 vive in queste condizioni, 1 su 4 del totale della popolazione urbana. Ma di queste cose si è smesso di parlare. La nostra è una piccola lente per raccontarlo”.
Rainbow4Africa è una ong nata a Torino nel 2007 e costituita da medici, infermieri e altre figure sanitarie, oltre a ingegneri ed esperti informatici, che mettono a disposizione le loro competenze per favorire lo sviluppo sostenibile dell'Africa, intervendo nel settore sanitario. In Italia è impegnata nell'educazione alla cooperazione e nell'integrazione dei migranti, “operano a Bardonecchia per aiutare le persone che vogliono attraversare il confine verso la Francia”, mentre in Africa l'impegno consiste nella formazione generale e specifica del personale sanitario locale. “Siamo rimasti a Nairobi 10 giorni, aggregandoci a una missione della ong – spiega Deninotti – In genere, le missioni durano un paio di settimane perché i medici volontari usano i periodi di ferie. Stanno facendo un gran lavoro”.
I tre autori raccontano di essersi ispirati per questo lavoro non tanto ai reportage grafici di altri fumettisti come Joe Sacco (autore di “Palestina”, ndr) o Guy Delisle (che ha raccontato le sue esperienze a Pyongyang, Shenzen, Gerusalemme e in Birmania) ma, “al reportage letterario di Stig Dagerman, l'autore di 'Autunno tedesco' e di Alessandro Leogrande a cui è dedicato il libro”. Nel libro ci sono anche infografiche per spiegare la situazione del Kenya, degli slum, su come funziona l'accesso all'acqua, sul programma di prevenzione dell'Hiv, “per sensibilizzare e creare uno sguardo diverso”. Un po' come è capitato a loro. “Eravamo ospiti in un convento accanto a Deep Sea e la prima sera padre Carmelo ci ha detto 'che avremmo dovuto cambiare il nostro modo di guardare le cose' – racconta Deninotti – All'inizio non avevamo capito che cosa volesse dire ma nella narrazione abbiamo cercato di mettere in discussione il nostro punto di vista e l'utilizzo del mezzo”.
“Mi sono scontrato con una serie di pregiudizi inaspettati – racconta Lucio Ruvidotti, il disegnatore del gruppo – Prima di partire pensavo che sarei stato avvolto dai colori dell'Africa, ma non è successo. Nella mia testa lo slum era autogestito, ma nella realtà non è così: ci sono proprietari dei terreni che li affittano, le baracche di lamiera sono in affitto, così come i bagni e l'acqua che arriva dal sistema idrico che viene 'hackerato' non per redistribuirla ma per rivenderla”. Ruvidotti racconta di aver ritrovato “le stesse dinamiche che ci sono da noi, come gli affitti e i subaffitti a Milano per gli studenti. Questo mi ha fatto sentire più vicino a quella realtà e mi ha spinto a raccontare in maniera più semplice, senza tante ricerche estetiche. All'inizio volevo fare un fumetto materico, usare la tempera, ma poi ho scelto di utilizzare il colore per suggerire emozioni, indirizzare le riflessioni e raccontare la nostra graduale scoperta di quel mondo”.
Ma anche se lo slum è un luogo in cui di sofferenza, in cui non c'è lavoro, le condizioni igieniche sono scarse e le case sono scadenti, “è un luogo umano e un luogo umano contiene tutto – racconta Fontana – Ci sono problemi enormi ma è anche un luogo di ironia, risate, di condivisione di un pasto. Cancellare questa esperienza per ritargliare solo lo spazio del dolore sarebbe stato disonesto perché avremmo rappresentato le persone solo come vittime”. E invece c'è chi cerca di emanciparsi da quel luogo, di resistere e trasformare la propria condizione, le donne soprattutto, “le uniche che fanno qualcosa e cercano di costruire una società diversa”. (lp)