“Un’altra via per la Cambogia”, la graphic novel di Takoua Ben Mohamed
BOLOGNA – Una graphic novel per raccontare la Cambogia e il lavoro degli operatori e dei volontari della ong milanese WeWorld, impegnati nel Paese asiatico nel sostegno della parte più povera della popolazione locale dal traffico di esseri umani e dalle nuove forme di schiavitù. Perché una via legale alla migrazione esiste, e può salvare la vita. La graphic novel, presentata oggi a Bologna in occasione della quattordicesima edizione del Terra di Tutti Film Festival in corso fino nel capoluogo emiliano-romagnolo, si intitola proprio “Un’altra via per la Cambogia” (ed. Becco Giallo) ed è firmata da Takoua Ben Mohamed, fumettista, illustratrice, graphic-journalist e producer italiana di origine tunisina classe 1991.
La Cambogia è uno dei paesi più poveri al Mondo: il 90 per cento dei circa 14 milioni di abitanti è impiegato in agricoltura e sopravvive grazie a un unico raccolto all’anno. Il 41 per cento della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno. La crisi alimentare del 2008 e la crisi economica del 2009 hanno peggiorato ulteriormente le condizioni di vita della popolazione, favorendo l’inurbamento e la concentrazione nelle periferie delle grandi città, in particolare di Phnom Penh. Le famiglie che arrivano dalle campagne non hanno le capacità per trovare un lavoro e si ritrovano a vivere ammassate nelle baraccopoli in condizioni igieniche sanitarie pessime, senza reddito sicuro e con pochissime risorse per poter inviare i propri figli a scuola. Il sistema educativo e quello sanitario non riescono a far fronte alle esigenze del paese. La povertà insieme alla diffusione della corruzione e alla debole applicazione della legge rende le donne e i bambini vulnerabili al traffico di esseri umani e allo sfruttamento. È questo il quadro all’interno del quale Takoua Ben Mohamed si è mossa (e la prima parte del libro è proprio dedicata a una sorta di sintesi storica per inquadrare il Paese da un punto di vista geopolitico, ndr), spostandosi da un villaggio all’altro per seguire il lavoro dei volontari e dei social ambassador: “Ho ascoltato storie drammatiche legate al traffico di esseri umani, alla schiavitù, alla prostituzione – racconta la fumettista –. Ho conosciuto persone, ambienti e situazioni che poi ho riportato nel libro, fedelmente. Alcune storie sono molto toste, più di quanto ha raccontato: quando ho dovuto scegliere cosa mettere di loro del libro, mi sono sentita in difficoltà. Per me tutto era importante, ma a qualcosa ho dovuto rinunciare per rendere il lavoro fruibile anche da giovani e giovanissimi”. Ben Mohamed è tornata in Italia poco prima del lockdown, e proprio durante l’isolamento la sua opera ha visto la luce.
“C’è una storia che mi ha molto colpito”, spiega. È quella di un uomo, che a 15 anni ha scelto di emigrare, alla ricerca di una vita dignitosa ma, sul confine con la Thailandia, è stato rapito ed è finito nel traffico di esseri umani. È stato venduto dai suoi rapitori a un peschereccio impegnato in mare aperto, lontano dai controlli delle autorità cambogiane, thailandesi e malesi. Per 6 anni ha lavorato 18 ore al giorno, picchiato, minacciato e oppresso psicologicamente e mentalmente sia dai suoi “datori di lavoro”, sia dai suoi “compagni”. Sì, perché lui, a scappare tuffandosi in acqua, ci ha provato spesso, ma è stato sempre recuperato, e dopo ogni tentativo di fuga andato a vuoto, erano botte, dai suoi capi e dai suoi compagni, perché sapevano che, poi, la punizione esemplare sarebbe arrivata anche a loro. “Se il suo corpo era troppo stanco per lavorare, veniva imbottito di droga per dargli l’energia per andare avanti”. Poi, un giorno, quando la sua barca si è avvicinata al confine malese, la fuga via mare è riuscita. Si è nascosto nella foresta malese, ha lavorato per qualche mese in un porto per guadagnare i soldi sufficienti a tornare in Cambogia, tanto da riuscire a salire su una barca diretta verso casa. Ma in Thailandia è stato nuovamente rapito e venduto a un peschereccio, picchiato per mesi. Finché, un giorno, non è riuscito di nuovo a scappare. Ha raggiunto la terraferma e, a piedi, è tornato nel nord della Cambogia, nel suo paese. “Oggi va nei villaggi a raccontare la propria storia, a spiegare la differenza tra documenti veri e falsi. Perché, purtroppo, i trafficanti approfittano dell’ignoranza delle persone, vittime di estrema povertà sociale ed educativa”.
Tra le storie raccontate, anche quelle di donne e di bambini. “La metà delle persone che decidono di emigrare e finiscono nelle maglie della tratta sono donne – spiega Ben Mohamed –. Donne anche giovanissime, anche bambini di 8, 9, 10 anni che finiscono in reti di pedofilia, pedopornografia, prostituzione, finanche nel traffico di organi. Molti di questi bimbi non riescono a tornare nelle loro comunità. Quelli che ce la fanno vengono inseriti in delicati percorsi di recupero, non diventano social ambassador come capita agli adulti. Ho però conosciuto figli di uomini e donne finiti nelle tratte e cresciuti da nonni o parenti. Anche in questi casi, le loro vite non sono affatto facili”.
Cosa ti rimarrà di questo viaggio? “I cambogiani sono un popolo molto cordiale. La loro storia, dal colonialismo alla dittatura, dai genocidi alle guerre, non ha praticamente mai conosciuto la pace, eppure sono molto accoglienti. Prima di partire mi sono chiesta come mi avrebbero accolta, me, musulmana con il velo. Sono stati gentilissimi: nella loro popolazione c’è una comunità musulmana importante, sterminata sotto Pol Pot con buddisti e induisti. Spero tanto che, parte di quello che ho provato e sentito io, grazie a ‘Un’altra via” possa arrivare anche i lettori”.
L’evento di presentazione al Terra di Tutti Film Festival è finanziato dall’iniziativa EU Aid Volunteers dell’Unione Europea. Dialogano con l’autrice della graphic novel Stefania Piccinelli (Direttrice programmi internazionali WeWorld), Guido Ostanel (BeccoGiallo Editore) ed Emanuela Zuccalà (giornalista e documentarista).