Proactiva Open Arms, le chiese evangeliche rinnovano l’appoggio: “Le accuse cadranno"
ROMA – Un gesto di solidarietà forte, e non solo simbolico: nel giorno in cui è scoppiato a livello internazionale il caso Proactiva Open arms, la Federazione delle Chiese evangeliche ha scelto di rinnovare un progetto di collaborazione per il soccorso in mare, proprio con l’ong spagnola. “Siamo fiduciosi, sappiamo che il castello di accuse infamanti e terribili a carico di Proactiva open arms cadrà. Dal canto nostro non possiamo deflettere da un principio: il soccorso umanitario non è reato – sottolinea Paolo Naso, professore di Scienze politiche all’università La Sapienza di Roma e coordinatore del progetto di Fcei Mediterranean Hope -. Siamo cristiani protestanti e per noi il diritto alla vita non è tema di mediazione politica ma il cuore del nostro agire. Purtroppo questo argomento sta prendendo una piega terrificante, se si continua ad accusare l’aiuto umanitario tra qualche tempo anche la Croce rossa non potrà più operare in teatri di guerra perché accusata di essere partigiana”.
Il progetto Mediterranean Hope è stato creato dalla Federazione quattro anni fa con l’obiettivo fornire assistenza a migranti e rifugiati. Nello specifico, nell’ambito del programma è stato attivato un osservatorio a Lampedusa che si occupa di accoglienza e mediazione culturale; è stato creato inoltre un centro di accoglienza, la Casa delle culture di Scicli che ospita donne e minori in statodi vulnerabilità. C’è poi un ufficio a Roma di coordinamento e da più di un anno c’è un impegno forte nell’ambito dei corridoi umanitari, portati avanti insieme alla Comunità di Sant’Egidio. “A queste quattro gambe se ne aggiunge una quinta: il sostegno attivo a chi fa ricerca e soccorso in mare – aggiunge Naso -. Non a caso alcuni nostri operatori erano presenti sulla nave dell’ong Proactiva Open arms nella missione precedente a quella drammaticamente interrotta due giorni fa. Nel salvataggio in mare a cui abbiamo assistito sono state tratte in salvo 200 persone, tra cui un bambino leucemico che viaggiava su un canotto con una flebo al braccio e una persona che è poi morta di stenti. Questo dovrebbe far capire ancor di più che oggi la Libia non è un luogo sicuro, e il nostro dovere evangelico è garantire la vita laddove è minacciata”.
Nello specifico, il rinnovo del programma prevede un aiuto anche economico alla missione, soldi che verranno spesi per l’acquisto di coperte termiche: “le persone arrivano in condizioni di ibernazione, se non vengono riscaldate subito muoiono. E’ un piccolo gesto ma significativo”. Inoltre alcuni operatori del progetto faranno parte dell’equipaggio. “La collaborazione è iniziata con Proactiva open arms, perché conosciamo questa ong e ne siamo stati positivamente impressionati, ma non è esclusiva – spiega Naso -. Nel frattempo auspichiamo che si chiarisca la situazione giuridica dell’ong”. Anche Luca Maria Negro, presidente della Fcei, ribadisce che “il soccorso in acque internazionali a profughi che scappano in condizioni disperate da persecuzioni, violenze e torture non è un reato ma, al contrario, un dovere morale che, per noi cristiani, ha anche profonde motivazioni bibliche e teologiche”. E spiega che la decisione di rinnovare il progetto di soccorso in mare fa seguito alla “positiva esperienza” realizzata da operatori di Mediterranean Hope con la ong Proactiva che, con la sua nave “Open Arms”. A proposito del sequestro della nave da parte della magistratura, il presidente della Fcei esprime “solidarietà a chi ha il coraggio di impegnarsi nelle attività di ricerca e soccorso in mare nel nome del diritto alla vita e della protezione dei profughi in condizioni di grave vulnerabilità”. Il pastore Negro dichiara “la sua fiducia nel fatto che Proactiva potrà dimostrare di avere operato esclusivamente per finalità umanitarie e nel perimetro delle norme del diritto internazionale del mare”. (ec)