Profughi volontari, a Bologna meno posti. “Non ci sono più i fondi regionali”
BOLOGNA – Calano sotto le Due torri i posti a disposizione per i percorsi del progetto “Bologna accoglie”, finalizzato a coinvolgere i richiedenti asilo in attività di volontariato: dalle 270 disponibilità della prima edizione (non tutte utilizzate) si passa a 150. È il dato fornito oggi in commissione da Berardino Cocchianella, direttore dell’Istituzione per l’inclusione sociale e comunitaria Don Paolo Serra Zanetti del Comune, che cura la regia del progetto. Al primo avviso pubblico che ha dato il via all’iniziativa, alla fine dello scorso anno, risposero una cinquantina di soggetti per un totale di 15 proposte progettuali e circa 40 laboratori, ricorda Cocchianella: furono offerti offerti 270 posti ma alla fine sono stati 198 i volontari effettivamente impiegati, in base alla firma di un patto di collaborazione. Da poco è partita la seconda edizione, ma “purtroppo sono venuti meno i finanziamenti regionali – riferisce Cocchianella – e abbiamo potuto usare solo 10 mila disponibili per le Libere forme associative”. I laboratori proposti sono 17 per circa 150 posti, confermando le tipologie della prima edizione: corsi di italiano, di alfabetizzazione informatica, musicali e di teatro, di artigianato, di cucina multietnica. Finora sono circa 50 le richieste di partecipazione già raccolte dai gestori. Dopo la sottoscrizione del protocollo, un anno fa, “si è mossa una rete così grande che non ha precedenti sicuramente a Bologna ma secondo me neanche a livello nazionale”, sottolinea la presidente della Consulta contro l’esclusione sociale di Palazzo D’Accursio, Edgarda Degli Esposti: una partecipazione arricchita dalla “presenza costante e dalla regia del pubblico”. Quella messa in campo “è veramente sussidiarietà circolare, è veramente un modello da imitare – dichiara Degli Esposti – perché da qui in avanti il pubblico non potrà più permettersi di fornire servizi di qualità e innovativi senza l’apporto volontariato”.
La scelta di puntare sulla coprogettazione “ha permesso di realizzare le attività al meglio”, afferma Eleonora Michelini dell’associazione Mondo Donna, una delle realtà coinvolte nel progetto: questo ha portato a benefici “molto positivi” per i profughi intercettati. L’esperienza sta dimostrando che è possibile attivare percorsi che permettono di “reagire alla paura del diverso” e di lavorare con i profughi “in un’ottica di di diritti e doveri”, aggiunge Daniela Santuliana delle Acli, perché si è valorizzata “l’idea di integrazione come processo di condivisione tra la società di accoglienza e coloro che richiedono protezione internazionale”. Attraverso queste esperienze si può constatare che l’accoglienza “non è una cosa da professionisti ma da associazioni che sono presenti sul territorio e agiscono in tanti campi del sociale”, dichiara Luigi Pasquali dell’Auser: “Solo in questa maniera si realizza un percorso di integrazione”. Ci sono però punti su cui si può migliorare, segnala Alessandro Albergamo dell’Antoniano: bisogna innanzitutto sfatare il “falso mito” secondo cui i profughi passano la giornata a non fare nulla perché “così non è” e, di conseguenza, con la seconda edizione sarà necessario “far passare il messaggio che ‘Bologna accoglie’ non è riempire la giornata di qualcuno e che questo dev’essere uno strume attivo non solo per gli ospiti, ma anche per i cittadini affinché capiscano cosa vuol dire accogliere, integrare e lavorare con le persone”.
Si tratta di un “progetto giovane che va sostenuto”, è l’appello di Stefano Brugnara, portavoce del Forum del terzo settore: intanto il merito è quello di riuscire a “parlare di accoglienza uscendo da cliché dell’emergenza”, dimostrando che è possibile reindirizzare la negatività che spesso circonda questi temi “in senso positivo, per costruire una comunità di cui facciano parte anche coloro che hanno il diritto di essere accolti”. Si associa alle valutazioni positive l’assessore comunale al Welfare, Luca Rizzo Nervo: l’approccio che sta dietro il progetto “consente di costruire progetti e atti, anche in una logica di sussidiarietà come nel caso di “Bologna accoglie”, che si pongano il tema non solo dell’immediatezza e del vitto e alloggio, ma anche delle traiettorie di vita di queste persone per consentirci di immaginare da subito il dopo”.
L’obiettivo è “rafforzare i percorsi di queste persone nell’auspicabile obiettivo di una loro progressiva autonomia”, aggiunge Rizzo Nervo: questa sarà una “risorsa sempre più centrale nella futura programmazione” in questi ambiti. Sullo sfondo resta l’idea di far accedere i profughi al Servizio civile, oggetto di un’ulteriore commissione richiesta da Lucia Borgonzoni (Lega nord). Su questo, Rizzo Nervo resta cauto. “È una proposta che certamente ha bisogno di essere discussa non sui giornali ma con un approfondimento che ne chiarisca gli obiettivi, che non possono essere surrettizi e alternativi rispetto ai percorsi di integrazione soprattutto lavorativa di queste persone”, afferma l’assessore, perché “il senso è invece quello di fornire loro un’esperienza che possa rafforzarne le competenze”. Su una possibile applicazione di questa ipotesi “c’è la necessità di approfondire molto più di quanto fatto fin qui e c’è il bisogno di inserirsi in un panorama più complessivo”, aggiunge Rizzo Nervo: “Senza pregiudiziali né positive né negative, valuteremo quando ci saranno maggiore elementi ci concretezza”. Insoddisfatta Borgonzoni: l’assessore “non ha risposto”, mentre “io sono totalmente contraria perché chi va aiutato va aiutato, gli altri sono clandestini e alla fine del percorso vanno rimpatriati”. (Dire)