Biram Dah Abeid, il "Mandela" della Mauritania che lotta contro la schiavitù
Biram Dah Abeid
ROMA - In Mauritania la schiavitù è ancora una realtà. In questo paese poverissimo di tre milioni e mezzo di abitanti, si calcola che siano almeno 700 mila (il 20 per cento della popolazione) le persone costrette a vivere alle dipendenze di un padrone. Di queste, 100 mila sono in totale schiavitù. Ma qualcosa si sta muovendo. Anche grazie a Biram Dah Abeid, il "Mandela mauritano", che nelle ultime elezioni ha raggiunto l'insperato risultato del 10%. Ne parla un articolo di Gilberto Mastromatteo pubblicato dal mensile Popoli.
Essere schiavi in Mauritania significa, nascere schiavi "proprietà del padrone bianco che può comprarti, venderti e disporre come meglio crede di te e della tua prole". Il Paese è spaccato in due tra i cosiddetti bidanes, di origine araba e berbera, e gli abd (gli schiavi neri) o haratine (gli schiavi liberati). La popolazione nera è in gran parte analfabeta e accetta la schiavitù come una condizione naturale voluta da Dio. "Servi il padrone e taci - spiega nell'articolo Brahim, ex-schiavo, membro dell'associazione Sos Esclaves che tenta di rendere consapevoli dei loro diritti gli schiavi. - Sai che anche tuo padre lo fa, e il padre di tuo padre lo faceva. Vivi nella stessa casa di chi ti possiede e cresci assieme ai suoi figli. Ma poi capisci che sei diverso. Non potrai studiare e se non lavorerai verrai picchiato". Per chi si emancipa poi la vita è molto dura: significa non avere una casa, un lavoro e subire continue discriminazioni. I crimini contro schiavi ed ex schiavi molto spesso non vengono perseguiti o comportano pene lievi. Tutta la vita politica ed economica del Paese è sbilanciata a favore degli arabo-berberi. Nel 2013 solo 5 dei 95 seggi presso l'Assemblea nazionale erano occupati da neri.
Biram Dah Abeid |
Un segno di speranza però è arrivato dalle ultime elezioni del giugno 2014. Le ha vinte Mohamed Ould Abdel Aziz, che guida il Paese dal 2008 grazie a un golpe militare, con l'82 per cento dei voti. Ma ha stupito il 10% ottenuto da un outsider, Biram Dah Abeid, un ex schiavo abolizionista. Biram è il leader dell'Ira (Initiative de résurgence du mouvement abolitionniste). Nel 2012 è salito alla ribalta grazie ad un gesto eclatante: bruciò pubblicamente alcuni libri pseudo-islamici, che indottrinavano gli schiavi ad essere fieri della loro condizione. Quel gesto gli costò la galera ma gli aprì la strada al favore di molti e all'attenzione nazionale e internazionale. Biram ha ottenuto una nomination al Premio Sacharov per i diritti umani. La candidatura alle elezioni doveva essere puramente simbolica e il risultato è apparso eccezionale anche allo stesso Biram visto che "gli schiavi non votano". A luglio l'attivista mauritano è stato invitato dal presidente Obama alla Casa Bianca.
Ma la strada da percorrere per l'emancipazione degli schiavi mauritani è ancora molto lunga. "Subiamo regolarmente arresti, torture e carcere - dichiara lo stesso, Biram Dah Abeid nell'articolo. - In questo momento tre nostri attivisti stanno scontando da sei mesi ad un anno di detenzione per aver difeso un gruppo di donne che erano state espropriate delle loro terre". "I tempi non sono maturi - continua, - ma la rivoluzione in Mauritania sarà fatta dagli schiavi. Solo con un nostro Nelson Mandela potremo finalmente cambiare il corso della storia".