L’educatore compie “mission impossible”, ma è pagato in nero o con i voucher
Quando entra e si accomoda sulla sedia qui davanti, abbiamo tutti e tre lo stesso pensiero: o il curriculum è sbagliato, o dimostra molti più anni di quelli che ha. In effetti la data di nascita è corretta e Igor dimostra decisamente più dei suoi 23 anni. Il fisico massiccio, le mani da lavoratore manuale, lo sguardo serio e diretto, quei peli dappertutto che fanno tanto… uomo dotato di clava. Stiamo cercando un operatore sociale per un progetto che, insieme alle comunità locali, promuova legami sociali e welfare di comunità.
Detto così, lo so, non si capisce niente, o giù di lì. Ma, fidatevi, è una cosa interessante; forse un po’ cerebrale, ma interessante e innovativa. Insomma, per farla breve, stiamo effettuando colloqui in batteria per trovare educatori inclini a costruire link tra i cittadini vulnerabili, più che a fornire prestazioni a utenti di servizi tradizionali.
Chiediamo allora a Igor di raccontarci la sua vita professionale e il suo punto di vista sul progetto in cantiere. Nonostante sia appena laureato in scienze dell’educazione, Igor ha già un’interessante esperienza alle spalle, iniziata un po’ per caso, ma perseguita con caparbietà. Tutto, infatti, è nato proprio in università, quando un docente gli ha proposto un incarico di educatore di sostegno domiciliare per un ragazzo – Piero - con un’importante disturbo psicotico. Un impegno a tempo parziale, retribuito – ahinoi - completamente in nero dalla famiglia; compito di Igor è quello di affiancare Piero in alcune attività a casa – dai compiti al tempo libero – ma anche quello di “contenerlo” quando, non raramente, capita che diventi ipercinetico e aggressivo. Approfondiamo un po’ quest’ultimo aspetto e scopriamo che il ragazzino non raramente ha degli agiti aggressivi e distruttivi nei confronti di chi gli vive accanto, in primo luogo della madre; Igor parla con serenità di quegli episodi, del suo “abbracciare” Piero, “solo pochi secondi, per farlo calmare”. -
Scopriamo così che, non raramente, gli capitava di arrivare a casa di Piero un po’ in anticipo sull’orario del suo ritorno da scuola, giusto per riparare quello che lui aveva rotto la sera prima: una porta a scomparsa, l’anta di un armadio. Ascoltiamo con sempre maggiore attenzione Igor, attirati dalla sua maturità e concretezza (le mani non ci avevano mentito), ma anche un po’ atterriti dal compito e dalla responsabilità che gli erano stati affidati da studente universitario.
Subito dopo ci racconta che ora invece si occupa – provvisoriamente retribuito tramite voucher da una realtà del terzo settore - del sostegno scolastico di un ragazzino delle medie con grossi problemi relazionali: “il primo giorno a scuola mi ha salutato con una testata e, insomma, non è stato facilissimo”. Poi però, Igor ci aiuta a intravedere le ragioni profonde di quel primo saluto così traumatico, e ci descrive come si è sviluppata la relazione con questo secondo “caso” che si è trovato a seguire. Scopriamo così che ha un linguaggio molto appropriato, da educatore ormai consolidato, in grado di leggere anche sfumature non proprio scontate dei compiti che gli sono affidati. Restiamo un po’ stregati da questo ragazzone così massiccio, che non ha paura di niente; sembra fatto apposta per aggiustare le cose quando si fanno difficili da rimettere a posto, e non sto parlando delle porte a scomparsa.
Un bell’esempio, positivo, di educatore in erba, con tutti i numeri e le qualità giuste per darsi da fare in contesti tosti. Gli comunichiamo che per il nostro progetto – interessante e innovativo – cerchiamo persone con caratteristiche diverse. Igor incassa e, com’è ovvio che sia, non pare scoraggiato.
Lo salutiamo, augurandoci in cuor nostro che il sistema dei servizi, che gli ha proposto per ora mission impossible in cambio di lavoro nero e voucher, non intacchi la sua carica, la sua tersa umanità, la tranquilla passione per le persone più fragili.
Ventitré anni e non mostrarli: alla faccia dei bamboccioni. Buon cammino, Igor!