Migranti, 20 anni di Bossi-Fini. “Ha creato solo maggiore irregolarità”
La legge n.189 del 30 luglio 2002, cosiddetta Bossi-Fini, compie 20 anni. Redattore Sociale ha chiesto ad alcuni esperti, impegnati sul terreno dei diritti e dell’accoglienza, di analizzare le luci e le ombre della normativa che regola l'immigrazione in Italia.
La legge Bossi Fini è probabilmente una delle peggiori norme di cui il nostro Paese si sia mai dotato. Dico questo con ponderazione, considerando l’implacabilità con cui, da vent’anni,articoli e commi che la compongono perseguono un fine dannoso, esattamente contrario a quello enunciato: una legge nata con l’obiettivo di contrastare l’immigrazione irregolare, infatti, si è rivelata uno dei più raffinati apparati produttori di irregolarità e illegalità che il nostro ordinamento potesse concepire. L’aspetto deleterio della norma consiste proprio in questo: rendere essenzialmente impossibile, per uno straniero, entrare o soggiornare stabilmente in modo regolare nel nostro paese.
Tutto il suo impianto concorre a questo, ma alcune previsioni appaiono particolarmente gravi. Come è noto, la legge Bossi Finiha inestricabilmente legato l’ingresso regolare nel nostro paese al possesso di un contratto di lavoro, generandoil meccanismo irrazionale che da vent’anni governa la migrazionecosiddetta “economica” in Italia, conosciuto come Decreto Flussi: la presunzione che i datori di lavoro possano selezionare lavoratori stranieri mai conosciuti, nel momento in cui ancora vivono nei paesi di origine, e farli dunque entrare già titolari di un contratto. Si tratta di un provvedimento talmente slegato dalla realtà, che ammetto di essermi trovata spesso in difficoltà nel cercare di spiegarlo a chi non lo conosce. Inoltre,il legislatore ha dimezzato la durata dei permessi di soggiorno (da 4 a 2 anni), e ha sancito la non convertibilità in permessi per motivi di lavoro di altri tipi di permessi. Difficile comprendere come questo potesse ridurre l’irregolarità.
Giulia Capitani
E infatti non è stato così, se oggi abbiamo oltre 600.000 presenze irregolari nel nostro paese, in gran parte frutto di mancati rinnovi di permessi per lavoro già rilasciati e scaduti, a causa della difficoltà di trovare nuovi impieghi, con redditi sufficienti, negli ultimi anni funestati da ripetute crisi economiche. Il danno fatto al paese (non solo agli immigrati, al paese) è enorme: miliardi di euro di contributi non versati nelle casse dello stato – d’altronde perché impegnarsi a versarli, se un'altra previsione della Bossi Fini prescrive l’impossibilità di poterli trasferire nel paese di origine una volta che eventualmente il lavoratore pensasse di rientrarvi -, aumento del lavoro nero e di tutte le pratiche criminali ad esso collegate, ciclici, e costosi, provvedimenti di sanatoria, ricorso massiccio al canale della protezione internazionale in quanto unico strumento in grado di garantire un permesso di soggiorno, aumento della vulnerabilità sociale.
Il massiccio arrivo dei profughi ucraini di questi ultimi mesi, poi, ha reso plasticamente evidente come un altro dei provvedimenti della Bossi Fini sia stato del tutto infausto. Mi riferisco all’abolizione dell’istituto dello sponsor, introdotto nel 1998 dalla Turco Napolitano, che consentiva a un cittadino italiano, o a uno straniero regolarmente presente sul territorio, di ospitare e fornire garanzie a una persona che arrivava in Italia per cercare lavoro. Un modo intelligente per fare incontrare domanda e offerta di lavoro valorizzando le tante persone e reti solidali del nostro paese, nonché le famose diaspore, spesso citate a sproposito dalla politica, e di cui, invece, nessuno ha mai saputo bene cosa fare. E che stanno dimostrando ora, gestendo spontaneamente l’accoglienza di decine di migliaia di profughi, le loro potenzialità.
Le alternative ci sono. Ad esempio c’è la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla Campagna Ero straniero, di cui Oxfam è promotrice, che mira all’apertura di nuovi canali di ingresso per lavoro e ricerca lavoro, alla reintroduzione del sistema della sponsorship, alla possibilità per le persone straniere che perdono il permesso di soggiorno di regolarizzare individualmente la propria posizione, a fronte della disponibilità di undatore di lavoro ad assumerle. Dal 2019 è all’esame della Commissione Affari Costituzionali della Camera, con ormai poche speranze di essere approvata. Ma siamo convinti che segni la strada giusta. Ed è importante continuare a percorrerla, per arrivare a un cambiamento, che è normativo e culturale insieme, di cui non possiamo più fare a meno.
*Giulia Capitani Migration Policy Advisor per Oxfam Italia.