“Né criminali né eroi”: un libro racconta il mondo della raccolta fondi e i suoi protagonisti
R0MA - Marta è giovane e vorrebbe cambiare il mondo, cominciando dalle piccole cose. Per questo nel palazzo occupato dove vive in compagnia del suo ragazzo Valerio prende parte, senza risparmiarsi, alle attività comunitarie, traduce documenti per i residenti stranieri, trascorre il tempo con i bambini. Ma in tasca ha una laurea in lingue che vorrebbe far fruttare nel migliore dei modi, mettendo le competenze acquisite negli anni dell’università a servizio di quanti, in giro per il mondo, sono costretti a lottare per soddisfare i bisogni più basilari. Per questo, quando ottiene la possibilità di svolgere uno stage retribuito presso la mastodontica Ong Children’s Foundation si ritiene la persona più fortunata del mondo.
Di raccolta fondi e di “Dopo di noi” parla, soprattutto, “Buone cause” di Stefano Salvi (Scatole parlanti, euro 13), un romanzo di formazione che racconta l’ingresso di una giovane donna nel mondo degli adulti, esattamente in quel mondo dove il “bene” diviene attività organizzata, con tutte le sue reali o apparenti contraddizioni. “Quando scrivi devi conoscere quello di cui stai scrivendo, altrimenti il romanzo rischia di non essere verosimile – chiarisce l’autore –. E io conosco bene il mondo della raccolta fondi per aver lavorato tanti anni al suo interno. Volevo presentare questa realtà, i cui meccanismi conoscono in pochi, nella dinamica di un romanzo di formazione. E poi volevo raccontare le persone che lavorano nel sociale senza farne degli eroi o dei criminali: in questo ambito ci sono persone come tutte, a volte stanche o in crisi, ma non necessariamente cattive”. Un mondo fatto di programmazione e dati incrociati, quello della raccolta fondi, dove nulla avviene per caso e a Ferragosto ci si comincia già a preparare per Natale. E dove ogni ricorrenza, civile o religiosa, si trasforma in una richiesta di sostegno e la parola d’ordine diventa “redemption”: la percentuale di persone che rispondono all’appello sul totale degli invii di una determinata operazione di raccolta fondi. “In Italia ci sono oltre 300 mila organizzazioni non profit – commenta il presidente della cooperativa sociale romana Spes contra spem, Luigi Vittorio Berliri, nella postfazione –. Solo poche decine tra queste sono ‘macchine da guerra’ come l’immaginaria Children’s Foundation nella quale si muovono i personaggi di questo romanzo”.
Il secondo filone narrativo riguarda, invece, il cosiddetto “Dopo di noi”: un’espressione sempre più usata per indicare la vita delle persone con gravi disabilità dopo la scomparsa dei proprio genitori a cui, nel 2016, è stata dedicata un’apposita legge. Dopo aver cominciato a prendere confidenza con il linguaggio e gli strumenti della raccolta fondi, Marta incontrerà Gloria, un’eterna “ragazza” alla soglia dei 50 anni, nata con la sindrome di Rett, malattia genetica che l’autore che ha avuto modo di conoscere personalmente durante gli anni di lavoro a Spes contra Spem, che gestisce quattro case famiglia, di cui due destinate a persone con disabilità. La madre di Gloria, Paola, è una facoltosa sostenitrice di Children’s Foundation da quando, anni addietro, ha scoperto il fascino che le lettere di direct marketing, quelle inviate per posta ai donatori effettivi e potenziali, esercitavano sulla propria figlia. Prima impacciata, poi sempre più a suo agio, Marta comincerà a conoscere Gloria a e a leggerne desideri e segnali, intuendo le insidie che si possono celare all’interno di quel rapporto serrato tra una madre e una figlia, che hanno modellato la propria vita l’una sulle abitudini e le esigenze dell’altra. Sarà la presenza di Marta, insieme all’avanzare dell’età da parte di Paola, a sbloccare una situazione che sembrava non presentare punti di svolta. Ed anche questo sembra suggerirci il romanzo: la solitudine e le sue conseguenze sono tra i rischi principali che incombono sulle persone disabili e sulle loro famiglie.