24 gennaio 2013 ore: 12:05
Non profit

Donazioni, libro denuncia ''industria della carità''. Iid: ''Non rispecchia la realtà''

La replica dell'Istituto donazione al libro della giornalista Valentina Furlanetto. Secondo l'Iid, l'inchiesta restituisce una ''immagine del non profit italiano che non rispecchia la realtà''
5 per mille, donazioni, due mani
ROMA – Il non profit made in italy descritto dalla giornalista Valentina Furlanetto nel suo libro ‘‘L'industria della carità’’ non rappresenta la realtà. È quanto tiene a precisare l’Istituto italiano della donazione (Iid) in una nota diffusa oggi in cui risponde ad alcune delle critiche mosse al mondo del non profit. ‘‘Il volume parte dall’interessantissima premessa di analizzare nel dettaglio il lavoro delle Ong – spiega l’Iid - ma purtroppo fornisce un quadro solo parziale, parla in maniera indistinta di realtà molto diverse tra loro e usa termini specifici del Terzo Settore come sinonimi, restituendo così un’immagine del non profit italiano che non rispecchia la realtà’’.
 
''L’efficienza dei nostri soci - sottolinea Edoardo Patriarca, presidente dell’Iid - è per noi un fattore chiave che viene costantemente misurato e controllato a favore dei donatori stessi, affinché essi possano donare con fiducia alle realtà che hanno il nostro marchio”. È dello scorso novembre, inoltre, un’indagine realizzata dall’Osservatorio di sostegno al non profit sociale dell’Iid e svolta su un campione di 55 organizzazioni non profit socie dell’Istituto che mostra come vengono utilizzate le risorse nel mondo del non profit. ‘‘Dall’indagine emerge che gli oneri negli anni 2009–2011 dei soci Iid sono in media così distribuiti: 83 per cento per la missione (oneri istituzionali o tipici), 11 per cento per la struttura (oneri di supporto), 6 per cento per la promozione e la raccolta fondi. L’indice di efficienza della raccolta fondi (oneri raccolta fondi su proventi raccolta fondi) dei soci Iid non differisce dall’analisi precedente, attestandosi a 0,19: in media sono dunque necessari 19 centesimi per raccogliere un euro''. Ancora più virtuosi, inoltre, le 30 Ong che sviluppano progetti di cooperazione nei paesi in via di sviluppo che si occupano di sostegno a distanza e di adozioni internazionali. ''Il loro risultato è ancora più virtuoso della media – spiega l’Istituto -. L’84 per cento viene impiegato per la missione, poco meno dell’11 per cento per la struttura, e circa 5 per cento per la promozione e la raccolta fondi. Questi valori variano leggermente nel corso dei tre anni presi in analisi''. Per Franco Vannini, coordinatore del comitato associati Iid, ''lo stupore manifestato nel libro per la presenza di patrimoni significativi dimentica che i maggiori esperti del settore trovano proprio nella sottopatrimonializzazione un punto di debolezza del sistema. Stesso discorso vale per la dimensione dei bilanci delle realtà prese in considerazione nel libro della dottoressa Furlanetto: quasi sempre delle importanti realizzazioni presuppongono la messa in campo di risorse adeguate''.
 
Rispetto al riferimento all’Istituto italiano della donazione all’interno del libro, Giovanni Bogani, presidente del comitato tecnico dell’Iid precisa: ''Tutti i meccanismi di controllo per l’ottenimento dei marchi di qualità avvengono dietro compenso pagato alle società di revisione dalle stesse realtà che ne richiedono l’ottenimento. Il processo di verifica dell’Iid, per evitare l’autoreferenzialità denunciata all’interno del libro, è affidato a verificatori esterni che operano presso Società di certificazione internazionali accreditate. L’esito delle verifiche documentali e del rapporto di ispezione in campo è a sua volta verificato da un comitato tecnico dove operano pro-bono professionisti esperti in diverse discipline i quali non dipendono dall'Istituto, a garanzia della terzietà della verifica. Si sottolinea che la verifica annuale mediante audit in campo è una caratteristica unica dell'Iid rispetto alle iniziative internazionali analoghe”. Istituto della donazione e soci, conclude la nota, ''pongono nella trasparenza e nel rapporto di fiducia con il donatore il fondamento del proprio lavoro, non possono quindi non esprimere dissenso se viene messa in dubbio la credibilità del proprio operato perché messa in un unico calderone con chi opera in modo poco serio''.  
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