2 novembre 2022 ore: 14:25
Disabilità

È tempo di ampliare le narrazioni e che il femminismo apra lo sguardo

L’abilismo è al centro di “Felicemente seduta. Il punto di vista di un corpo disabile e resiliente” di Rebekah Taussig, edito da Le Plurali
libro Felicemente seduta

L’abilismo è un concetto non sempre facile da afferrare nel suo significato profondo e, soprattutto, sul piano delle ripercussioni concrete sulla vita delle persone in carne e ossa. La Treccani lo definisce come l’atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità, ma si tratta di una definizione troppo generica per consentirci di comprendere a pieno quali sentieri, a volte subdoli e non sempre immediatamente evidenti, possa prendere questo tipo di discriminazione che il Ventunesimo secolo ci consegna in un nuovo packaging, ma con i soliti contenuti.

E allora se non sapete immaginare forme discriminatorie che vadano oltre le più classiche (ma sempre onnipresenti) barriere architettoniche, “Felicemente seduta. Il punto di vista di un corpo disabile e resiliente” di Rebekah Taussig è esattamente la lettura che fa per voi. Rebekah è un’insegnante d’inglese di Kansas City, negli Stati Uniti, con un dottorato in Saggistica creativa e disabilty studies, nota anche per il suo profilo Instagram @sitting_pretty, ormai un punto di riferimento per quanti cercano nuove rappresentazioni della disabilità. Ed ecco come l’autrice definisce l’abilismo nelle pagine del suo volume: «L’abilismo è il processo che favorisce, feticizza e costruisce il mondo attorno al corpo che in linea generale viene immaginato e idealizzato, mentre discrimina quei corpi percepiti muoversi, vedere, sentire, elaborare, funzionare, guardare in modo differente o avere bisogni diversi rispetto a questa visione».

Ancora troppo astratto? Ebbene Taussig mette a disposizione la propria biografia per svelare i meccanismi di un modo di pensare e di concepire gli spazi, i tempi, le forme della convivenza tutt’altro che superati. «Quando guardo indietro e valuto le parti più limitanti e penose della mia vita, o addirittura, più nello specifico, gli aspetti più difficili di essere disabile, non si tratta solo delle mie gambe», scrive l’autrice, che è rimasta paralizzata all’età di tre anni come conseguenza di un cancro diagnosticato quando aveva solo 14 mesi. «È lo stigma, l’isolamento, la cancellazione, l’incomprensione, lo scetticismo e l’onnipresente inaccessibilità».

Così, se da ragazza l’autrice vagheggia di una sé adulta bella, alla moda e in carriera, ma senza sedia a ruote, è perché le narrazioni mainstream mancano totalmente di personaggi disabili femminili in cui identificarsi. E quando da giovane insegnante tiene un corso ad hoc per i ragazzi delle ultime classi delle scuole superiori, scopre con delusione che la totalità degli studenti continua a pensare che senza la disabilità il mondo sarebbe migliore. E poi c’è il tema del complesso rapporto tra essere donna e disabile. Le Plurali è una casa editrice dichiaratamente femminista, che con questa pubblicazione amplia il suo orizzonte. «Non sto proponendo che ogni singola conversazione femminista debba riguardare o sostenere o perfino includere, sempre, le donne disabili», scrive Taussig. «Sto dicendo che cancellare le donne disabili dalla nostra visione di ciò che significhi essere una donna limita tutte noi».

(Recensione tratta dal numero di agosto-settembre 2022 di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)

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