"Quello che tu non vedi": il valore delle relazioni nei disturbi mentali
In particolare, il romanzo, uscito nelle librerie italiane in contemporanea all’omonimo film diretto da Thor Freudenthal e disponibile su Amazon Prime Video, ci racconta la vita di Adam vista attraverso i suoi stessi occhi o, meglio, attraverso le sue parole, dal momento che il racconto è affidato alle pagine di un diario che ogni settimana consegna nelle mani del suo psicoterapeuta, a cui non rivolge le parola. È proprio da questo colloquio ideale con il terapeuta, da questo spazio sicuro in cui esprimersi, che apprendiamo che il ragazzo è entrato nella sperimentazione di un nuovo farmaco: il ToZaPrex. Se la cura avesse l’effetto sperato, Adam potrebbe tornare a fare una vita più o meno normale, respingendo quelle presenze che tanto lo spaventano e lo confondono. Ed è sempre dalle pagine del diario che veniamo a conoscenza di come abbia cominciato a vedere persone e animali che erano invisibili agli altri e di quanto a lungo abbia tenuto nascosta la cosa.
Ma siccome nessuno può fuggire troppo a lungo a se stesso, Adam ha una forte crisi durante il laboratorio di chimica e, in seguito a questo episodio, cambia scuola. È qui che lo incontriamo per la prima volta: in un istituto cattolico tradizionalista, frequentato da ragazzi di buona famiglia. Ed è qui che Adam, all’inizio distaccato e introverso, troverà nuovi amici e il primo amore. Saranno proprio queste nuove conoscenze, insieme all’infaticabile madre, la sorellina appena nata e l’avveduto patrigno ad aiutarlo quando una nuova e più devastante crisi rischierà di spazzare via quello che il ragazzo ha lentamente ricostruito.
È bene che temi come quello della salute mentale vengano affrontati in un romanzo per giovani adulti. È bene, soprattutto, che un romanzo sentimentale come “Quello che tu non vedi” spinga sulla leva giusta: è soprattutto la forza delle relazioni, e non la determinazione individuale, a salvare qualsiasi persona dalla “perdizione” della malattia mentale. In questo senso, il romanzo di Julia Walton non è un caso di letteratura pedagogica, è una piccola e godibile opera che racconta le cose così come stanno.
(La recensione è tratta dal numero di giugno di SuperAbile INAIL, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)