Le donne nascoste nella Bibbia
La sapienza si svela dentro incontri personali, dentro dialoghi cuore a cuore. Lo sanno bene le donne. Quando appaiono, nella Bibbia, è sempre perché la situazione è talmente sul precipizio, tragica e bisognosa di svolta, pericolosa e mancante di saggezza, accartocciata su se stessa e assetata di lungimiranza, conflittuale e carente di uno sguardo più alto che solo il loro saper stare nella relazione è il farmaco giusto per spostare il punto di vista, spesso per uscire dalla logica della vendetta. In quel mondo dominato (più di oggi) dai maschi, le donne non erano viste, o erano viste come comparse in ruoli fissi e in genere sottomessi. Ma talvolta si manifestano. Perfino, vengono chiamate.
Nell’impresa di svelare queste apparizioni femminili si è cimentato Luigino Bruni, autore del libro Le donne nascoste nella Bibbia, edito da AnimaMundi, del quale è in cantiere una seconda edizione ampliata. Bruni – economista civile, direttore scientifico di The economy of Francesco e cultore appassionato del testo biblico - le donne dell’Antico Testamento ha cercato di incontrarle, con loro ha dialogato. “A loro ho chiesto: e mi hanno risposto”. E ci propone un’ermeneutica nuova per avvicinare il testo, sforzandosi di portare alla luce gli spazi di buio in cui il femminile è stato relegato. Una lettura della Bibbia che è anche una lettura dell’oggi, in un costante parallelismo con l’umano d’ogni tempo.
Ed ecco Agar e Sara, ecco Dinah, ecco Miriam che danza (“Dove non c’è spazio per il ritmo della danza, prima o poi compare quello della frusta”) e la regina di Saba coi suoi doni, ecco nel libro dei Re la moglie di Geroboamo cui la Bibbia, come ad altre figure femminili, non dà nome. Hanno un “diverso camminare” rispetto ai protagonisti maschili in primo piano (“i piedi delle donne corrono diversamente e di più”). Ecco Atalia, ecco le profetesse che chiamano i re per nome perché le donne sanno che i potenti sono uomini come tutti, spesso più poveri degli altri perché “non sperimentano mai la reciprocità tra uguali, quindi non conoscono la felicità. E alla fine diventano disumani”. Ed ecco Anna, e Abigail saggia e bella; ecco la pace che è intelligenza di madri; ecco Mical e il senso del decoro; e Betsabea violentata da Davide che la manda a prendere come una merce, dopo averla vista fare il bagno (e qui non sono mancati nel tempo i commentatori che insinuano una complicità di Betsabea nel denudarsi dove poteva essere vista: insomma, se l’è cercata. Ieri come oggi “colpevolizzare le vittime per renderle corresponsabili della loro sventura è una antica strategia per assolvere i carnefici”). Ed ecco Tamar violata da suo fratello (“non è la vicinanza a farci prossimi”); ecco le levatrici del libro dell’Esodo che salvano dalla più grande delle aberrazioni: esse fanno atto contrario quando il re d’Egitto, di fronte alla crescita demografica degli Ebrei, comanda loro di uccidere i neonati maschi durante l’assistenza al parto. Probabilmente le levatrici erano egiziane e seguirono “la prima arte della terra” che è di lasciare vivere i bambini, e insegnano che non esistono figli degli altri. Il racconto di una meravigliosa alleanza tra donne cooperanti per la vita, oltre i dettami di chi - riflette l’economista Bruni - voleva “trasformare il fratello lavoro in lavoro lupo”. Scrive l’autore: “Le donne entrano in scena per dirci nuove parole sull’uomo e su Dio quando i maschi hanno consumato e dilapidato le loro ultime risorse di umanità”.
Tra i racconti del libro c’è quello della donna di Tekòa: si presenta come tessitrice di storie, artigiana della parola al servizio della vita in una storia piena di delitti soprattutto nei confronti di poveri, donne e bambini. Nella risoluzione dei conflitti lo sguardo femminile può essere decisivo. L’uomo è preso narrativamente per mano dalla donna saggia, un po’ come Diotima di Mantinea apre a Socrate la comprensione dell’amore nel Simposio platonico. Le donne hanno un rapporto tutto speciale con la narrazione – riflette Bruni –, “sanno cercare, creare, inventare parole che non ci sono ancora, ma che devono assolutamente esserci per continuare a vivere”.
Nella riflessione sui problemi sociali odierni a partire dalle storie bibliche antiche di millenni, Bruni riconosce e ci fa riconoscere i tratti di una umanità che sempre fa fatica, oggi come allora, a scegliere la via della fraternità e della sonorità, per rispondere invece alle lusinghe del potere e della sopraffazione. Ma, ieri come oggi, l’umano che si esprime nelle donne sa aprire squarci e costruire ponti. “La donna salva perfino Dio – scrive Bruni – troppe volte collocato dalla parte dei forti e dei vincitori”.
Una riflessione che deve tramutarsi in concretezza per l’economista civile: “Le buone battaglie del femminismo di oggi e di domani dovranno concentrarsi non solo sulle cosiddette quote rosa nei luoghi del potere, ma nella trasformazione antropologica e relazionale di questi posti pensati e abitati da soli uomini in luoghi vivibili e possibili anche per le donne”. Un lavoro che “richiede un grande investimento culturale e teorico nelle scienze economiche e manageriali” e che è sempre più urgente.