8 aprile 2021 ore: 00:00
Disabilità

Perdere le parole e ritrovarle scrivendo

di Laura Badaracchi
Pubblicato quattro anni fa nel Regno Unito e ora tradotto in Italia “Un nido in testa” di Martino Sclavi è la storia di un uomo che non si rassegna al destino e accetta, senza abbattersi, il fatto di aver perso la capacità di riconoscere le parole. Grazie all’ausilio di un'app riuscirà a scrivere
libro Un nido in testa

"Anche se non vengono mai esplicitamente ricompensati per questo, gli infermieri sono gli psicologi segreti di qualsiasi ospedale. Sanno ascoltare, vi lasciano piangere senza commentare, e se ne vanno quando avete bisogno di rimanere soli".

La dedica apre il memoir di Martino Sclavi, “Un nido in testa. Come non sapendo più leggere, ho imparato a vivere", pubblicato quattro anni fa nel Regno Unito e ora tradotto in Italia da Laurana. Regista, conoscitore di cinque lingue, sceneggiatore e produttore tra Londra, Monaco, Roma e Los Angeles, l’autore attribuisce un costante mal di testa al lavoro stressante. Passa qualche mese e a gennaio 2011 viene ricoverato d’urgenza. La diagnosi è impietosa: cancro al cervello con 18 mesi di aspettativa di vita; invece morirà il 5 marzo 2020, a 48 anni. Dopo il secondo intervento non riesce più a leggere e a capire il significato delle parole, ma inizia a scrivere con lucida ironia, digitando sulla tastiera anche a occhi chiusi e con l’ausilio di Alex, app per la rilettura dei testi. Con uno sguardo luminoso sul presente: "Ho un fringuello nella parte sinistra del cervello e non importa cosa accadrà lungo la strada, io so che mi aiuterà a volare e a trasformare tutti i miei handicap in nuovi modi di vedere le cose e di narrare il riso e il pianto della vita di tutti i giorni".

(La recensione è tratta dal numero di SuperAbile INAIL di marzo, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)

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