Sette proposte del volontariato internazionale per fermare le stragi nel Mediterraneo
ROMA - “Fermare le stragi”: è un appello, quasi un imperativo, quello lanciato da Lunaria, Legambiente e YAP Italia. E oltre cinquanta organizzazioni del movimento del volontariato internazionale stanno aderendo da ogni angolo del mondo, unendosi alla richiesta di “fermare le stragi nel Mediterraneo”.
L'iniziativa ha preso via dopo “le ultime decisioni delle istituzioni europee – spiegano i promotori -: un’operazione di maquillage mal riuscita, che rischia di causare molte altre morti. E’ il massimo che i capi di Governo riuniti nel Consiglio europeo straordinario sull’immigrazione del 23 aprile sono stati capaci di fare”. E proprio contro questa incapacità politica, contro l'approccio difensivo e inefficace messo in campo dai governo, alzano la voce le organizzazioni, le associazioni e le reti di volontariato internazionale, lanciando un appello alle istituzioni perché cambino “ la rotta delle politiche attuali sull’immigrazione, che stanno causando la morte e la sofferenza di migliaia di persone”.
Un “cambio di rotta” divenuto ancora più urgente dopo il 19 aprile scorso, quando oltre 800 migranti sono morti nel canale di Sicilia, nel tentativo di raggiungere le coste europee. “E’ solo la più grave delle numerose stragi che attraversano il Mediterraneo – precisano i promotori dell'appello - e che testimoniano il fallimento delle politiche nazionali e comunitarie di governo delle migrazioni: anni di chiusura delle frontiere, di controllo dei mari, di respingimenti illegittimi, di detenzioni arbitrarie, di violazioni dei diritti umani non hanno affatto fermato gli arrivi dei migranti in Europa, pur essendo stati al centro dell’impegno pubblico a livello politico, normativo e anche finanziario”.
Se quanto fatto finora non ha funzionato e ha prodotto, anzi, solo morti e stragi, quale sarebbe dunque la nuova “rotta” da intraprendere? “Nei fatti – afferma Lunaria – il più efficace strumento di lotta all’immigrazione 'irregolare' è la facilitazione dell’ingresso legale sul territorio sia dei migranti economici che delle persone bisognose di protezione internazionale. Nessuna legge può fermare chi rischia la propria vita nel proprio paese e fugge da guerre e persecuzioni”.
Di qui, le sette proposte concrete, contenute nell'appello: primo, “facilitare l’ingresso 'legale' nell’Unione Europea per motivi di lavoro e di ricerca di lavoro; secondo, “aprire immediatamente corridoi umanitari che consentano ai profughi di giungere in Europa senza dover mettere a rischio la propria vita”; terzo, “varare un’operazione europea che abbia come unico obiettivo la salvezza delle vite umane grazie alle attività di ricerca e soccorso in mare”; quarto, “sospendere il Regolamento Dublino III e abolire l’obbligo di presentare richiesta di asilo nel primo paese di arrivo”; quinto, “sospendere gli accordi esistenti con i paesi che non offrono adeguate ed effettive garanzie del rispetto dei diritti umani”; sesto, “predisporre un programma di accoglienza dei profughi coordinato a livello europeo destinandovi risorse adeguate”. Infine, “la stipulazione di nuovi accordi con paesi terzi dovrebbe essere subordinata alla garanzia del diritto di asilo, al divieto di espulsioni collettive e all’impegno al rispetto del principio di non-refoulement”.
Sno oltre 50 le associazioni che, fino a questo momento, hanno aderito all'appello da ogni parte del mondo: Italia, Islanda, Regno unito, Estonia, Stati Uniti, Marocco, Messico, Argentina, Tokelau, Belgio, Germania, Slovacchia, Svizzera, Francia, Kenya, Polonia, Soagna, Giappone, Serbia, Repubblica Ceca, Ecuador, Grecia, Austria, Ghana, Tailandia, Cambogia, Mozambico, Tunisia e Burundi.