Tragedia Lampedusa, Onu: “Chiederemo conto a Ue su chiusura Mare nostrum”
ROMA - “Oggi registriamo una nuova tragedia a largo di Lampedusa con 18 morti e 76 persone tratte in salvo. Una tragedia che è l’ennesima di una lunga lista. E proprio questa situazione mi ha portato qui in Italia”. Lo ha affermato François Crépeau, l’esperto di diritti umani dell’Onu, in questi giorni a Roma in visita ufficiale. In un briefing con la stampa Crépeau ha voluto innanzitutto commentare la notizia della morte in mare, per assideramento, di almeno 18 persone che viaggiavano su un barcone in direzione dell’Italia. Secondo le prime informazioni l’imbarcazione sarebbe stata raggiunta a 150 miglia dalle coste italiane dalla guardia costiera, ma per 18 persone nonc'era già più nulla da fare.
L’esperto Onu, che ha elogiato l’Italia per gli “sforzi straordinari” messi in campo con Mare nostrum, ha anche ricordato che oggi Triton, l’operazione di Frontex per il pattugliamento delle frontiere, sebbene risponda con le sue navi al diritto del mare, e dunque “se c’è un’imbarcazione vicina è obbligata a provvedere al salvataggio” può anche portare a nuove tragedie “Su Triton mi riservo di dare un giudizio nei prossimi mesi – ha spiegato ai giornalisti -. Quello che faremo, però, è chiedere alle autorità europee per quale motivo non hanno voluto dare seguito a un’esperienza tanto benefica quanto positiva, che ha permesso di salvare 160mila persone. Spero che le operazioni in alto mare siano destinate a diminuire in questi mesi per le avverse condizioni meteo. Ho avuto personalmente rassicurazioni da parte del personale di Triton sui salvataggi ma le risorse e i mezzi di cui sono dotati non sono sufficienti”.
Secondo Crépeau dunque non si possono “chiudere gli occhi”. “Per quanto necessarie le operazioni di Frontex rappresentano una risposta insufficiente quando sono in gioco così tante vite umane – spiega – L’Europa dovrebbe favorire i canali legali, le operazioni Sar, i ricongiungimenti familiari e prevedere una ripartizione del numero delle richieste d’asilo in tutti gli stati membri. C’è il timore – aggiunge – che l’estate prossima, senza un’operazione come Mare nostrum, migliaia di persone moriranno, chiudere gli occhi davanti a una prospettiva come questa non è la soluzione. Queste persone continueranno a tentare l’attraversamento e continueranno a morire a causa dell’inazione dell’Europa”. Crépeau ha inoltre ricordato che che la “frontiera marittima italiana è anche una frontiera esterna europea, e l’esistenza di una frontiera comune comporta anche una responsabilità comune". L’Italia dunque "non può essere lasciata sola”.
Il responsabile diritti umani dell’Onu ha elencato anche alcuni passi avanti fatti dal nostro paese in tema di immigrazione, come la riduzione dei tempi di detenzione all’interno dei Cie anche se si è detto “critico” sulle condizioni dei centri. “Quello che ha messo in campo l’Italia in questo anno rappresenta un cambio di prospettiva che dimostrano che si può fare di più. Salvare vite umane è più importane che proteggere i confini – aggiunge -. Bisogna sgombrare il campo dal “pool factor”, non si può pensare che Mare nostrum sia stato un fattore di attrattiva, ma bisogna chiedersi perché arrivano: siriani, eritrei e somali, arriveranno indipendentemente da ciò che facciamo per evitarlo. Non possiamo arginare questo flusso, serve invece offrire canali legali per l’immigrazione. L’industria dei trafficanti prospera solo perché c’è un mercato sommerso che noi contribuiamo a incentivare”. Crèpeau non ha voluto commentare l’inchiesta “Mondo di mezzo” che ha fatto emergere un vero e proprio business dell’accoglienza, ma ha lanciato un monito contro il “dibattito politico tossico” sull’immigrazione. “Serve una buona politica – ha concluso – per cercare insieme soluzioni reali”. (ec)