“Io sto con te”, a Parma una casa per genitori separati. Due papà pronti a entrarci
PARMA – Una casa per l’ospitalità di soccorso di genitori separati. È quella aperta grazie al progetto “Io sto con te”, sostenuto dall’associazione San Cristoforo di Parma. “Non abbiamo voluto mettere limiti e ci rivolgiamo a entrambi i genitori, ma sappiamo che in 9 casi su 10, in caso di separazione, è il padre a trovarsi in emergenza abitativa, con uno stipendio non sufficiente a coprire le spese”, spiega Emiliano Zasa, ideatore e responsabile del progetto. Dal 13 maggio è pronto è pronto il primo appartamento: 2 camere grandi e spazi comuni per accogliere i figli: i primi due papà, arrivati spontaneamente al progetto, sono già pronti per entrarci. “Uno sta traslocando in queste ore, l’altro potrebbe trasferirsi già da domani”, precisa Zasa. “Io sto con te” vuole risolvere il problema abitativo dei genitori (più spesso, i padri) separati rendendolo economicamente sostenibile grazie a un cohousing che consente di abbattere i costi e ritrovarsi in una casa allestita in modo adeguato anche per i propri figli. “Gli ospiti partecipano alle spese, come utenze e spese condominiali – spiega Zasa – e devono condividere l’obiettivo di fondo del progetto ovvero la bigenitorialità, l’unità di intenti tra papà e mamma per il benessere del figlio”. Obiettivo è aprire altre case: “puntiamo ad averne pronte altre 2 a settembre”.
Verso la completa autonomia degli ospiti. I papà (o le mamme) separati vengono ospitati per un periodo di 12 mesi, eventualmente rinnovabile. “La temporaneità dell’accoglienza vuole avere un effetto responsabilizzante per gli ospiti ma d’altro canto non vogliamo nemmeno che vivano nell’ansia – spiega Zasa – Per questo se le problematiche non si sono risolte e se l’obiettivo dell’autonomia non è stato raggiunto si può prolungare l’ospitalità”. Per favorire il raggiungimento di questo obiettivo, il progetto prevede un affiancamento per gli ospiti con un team composto da psicologa, legali e neuropsichiatra infantile, professionisti a disposizione per consulenze su problemi che possono insorgere nel periodo di accoglienza. “Gli ospiti saranno abbracciati in un sistema, stimolati da mille proposte di relazione perché, a fronte del fallimento di una relazione importante, il modo migliore per reagire non è chiudersi in se stessi ma aprirsi a relazioni, amicizie, impegni – conclude Zasa – Vogliamo che queste persone vivano nel proprio contesto come padri, che vivano il territorio, anche insieme ai propri figli”. (lp)