10 agosto 2018 ore: 11:44
Immigrazione

"Meglio il carcere che vivere in Africa": il racconto di una missionaria

Marie Anne Molo, consacrata missionaria del Camerun, oggi vive a Palermo: è venuta in Italia per studiare e poi tornare nel suo paese. "Sogno di cambiare la vita della mia gente e di sfruttare bene le nostre risorse". Il racconto del perché si fugge dall'Africa
Missionaria Marie Anne Molo

PALERMO - Meglio il carcere italiano che rimanere nel proprio Paese in balia di violente dittature, guerre, terrorismo e povertà estrema. A partire da questo pensiero forte Marie Anne Molo, consacrata missionaria del Camerun, 52 anni, che oggi vive a Palermo,  racconta perché si fugge dall'Africa e quanta carica di speranza per un futuro diverso ha chi arriva in Italia ed in altri paesi europei. L'incontro, guidato dal giornalista missionario Riccardo Rossi, in occasione di una della iniziative promosse Missione speranza e carità di Biagio Conte, in attesa della visita di Papa Francesco del prossimo 15 settembre.

''In molti Paesi africani c’è la dittatura, in altri la guerra, in altri il terrorismo in tanti altri la povertà estrema e si muore di fame. È meglio per un africano vivere in un carcere italiano che vivere in Africa - racconta -. Nelle galere italiane si vive bene: c'è un tetto, c'è la luce, c'è l'acqua potabile, c'è da mangiare, c'è la sicurezza, ci sono cure mediche, non c'è la guerra e né tanto meno la tortura''. Marie Anne è venuta in Italia diversi anni fa con l’obiettivo di studiare e acquisire le competenze per poi tornare in Camerun per impegnarsi nella promozione dello sviluppo dell’area rurale da dove proviene. Già da alcuni anni la donna, con il supporto delle missionarie del Vangelo, realizza diversi microprogetti (frantoi, mulini, pollai, coltivazioni, un pozzo per l’acqua potabile) per aiutare in Camerun il suo popolo.

Io sogno di cambiare la vita della mia gente e di sfruttare bene le nostre risorse: legname, minerali, petrolio - continua -. Sin da bambina desideravo consacrarmi al Signore per dedicare tutta la mia vita a sostegno del mio popolo. Ho deciso di venire in Italia per cominciare sia la mia formazione religiosa sia per studiare economia dello sviluppo alla Pontificia Università Gregoriana, per lo sviluppo umano integrale". 

Secondo la missionaria non dobbiamo dimenticare che in Africa mancando i beni essenziali e, se si rischia la vita per arrivare in Occidente è solo una questione di sopravvivenza. "In molte zone rurali dei paesi africani mancano i servizi essenziali per vivere, come l’acqua potabile e l’illuminazione. - spiega - Non esiste uno stato sociale, i cittadini non hanno diritto ad alcun servizio da parte dello Stato, tutto è a pagamento: l’istruzione, la copertura sanitaria. Il lavoro manca e si vive di sussistenza e di vendita di prodotti agricoli. Chi non ha la casa, vive dove capita. La libertà di stampa non esiste, in molti Stati scrivere un articolo di politica significa essere uccisi, in Camerun si finisce a volte in prigione. I servizi per i disabili non ci sono, una pensione sociale non esiste''.

"Noi siamo tutti vittima di un meccanismo perverso che sfrutta le risorse e le persone sia in Italia che in Africa. Invito tutti i cittadini a fare una rivoluzione culturale per cambiare questo sistema che non pensa alle persone, ma ai soldi. Noi del Cristianesimo ci riempiamo la bocca, ma facciamo poco di quello che c’è scritto nel Vangelo. L’Italia è il mio Paese – dice Marie Anne - occorre uno sforzo per capire le altre culture, noi in Camerun abbiamo la cultura dell’accoglienza, ascoltiamo l’altro. Nella mia famiglia, quando vivevo in Camerun, diverse volte non si mangiava, ma ogni giorno pregavamo: la mattina presto e la sera. Abbiamo ancora le lampade a petrolio e nelle strade non c’è illuminazione pubblica, beviamo spesso acqua sporca. Un pozzo realizzato dalla cooperazione internazionale è a vari chilometri. La pioggia per noi è una benedizione con la quale ci facciamo una doccia naturale''.

"Tutti gli africani che arrivano in Italia e in Europa sono vittime nei loro paesi di abusi e soprusi da cui scappano - conclude infine -. Dobbiamo sforzarci, allora, di contribuire tutti insieme a migliorare lo stato sociale e di diritto dei paesi africani, continuando però nello stesso tempo ad aiutare tutte le persone che arrivano. Soltanto in questo modo possiamo fare crescere il bene dentro e fuori di noi". (set)

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