7 maggio 2014 ore: 12:56
Ambiente

Augustine, il keniano-sardo che insegna ai bambini l’arte del riciclo

Namatsi Okubo vive da 14 anni in Sardegna: artista e operatore interculturale, crea giocattoli e pezzi da arredo con qualsiasi materiale. “Non c’è più l’abitudine a riusare le cose vecchie”. “Ai piccoli non parlo di razzismo, non ce n’è bisogno
Augustine - Keniano sardo

“Sin da piccolo mi divertivo a raccogliere qualunque cosa trovassi per strada e inventare cose nuove”, racconta Augustine Namatsi Okubo, artista keniano che vive da 14 anni in Sardegna. Con i suoi laboratori di Arte-riciclo, Augustine riflette sull’importanza del rispetto per l’ambiente e sul concetto della diversità culturale come ricchezza. “Costruivo giocattoli per tutti i miei amici. Ma chi avrebbe immaginato che sarei riuscito a fare di questo un mestiere?” Agli inizi della sua carriera, Augustine lavora in Kenya come operatore culturale. Nel 1993 giunge per la prima volta in Italia, grazie a un progetto di scambi culturali globali. Dopo un periodo trascorso in Germania, arriva poi in quella che diventerà la sua seconda patria: la Sardegna. Una terra in cui si sente a casa, dove ritrova un senso di comunità e di ospitalità che lo convincono a restare.

Inizia così il suo percorso come artista e operatore interculturale nelle scuole e nelle associazioni culturali dell’isola, e nel 2010 fonda un’associazione no profit, Foudu Dia – C.A.R.A (Confronto, Arte di Recupero e Ambiente). Lavora con bambini e ragazzi di tutte le età, ma anche con insegnanti, educatori e altri artisti. Attraverso l’arte e il gioco, temi complessi come quello sulla diversità vengono affrontati senza troppi giri di parole. “I laboratori nelle scuole partono da una presentazione: Chi sono io? Chi siete voi? Quali sono le difficoltà nel confrontarsi con ciò che non si conosce?”, spiega Augustine. “Ma non parlo esplicitamente di razzismo: non ce n’è bisogno. Un giorno una bambina con i boccoli biondi e li occhi azzurri mi guardò e, quasi non si accorgesse del colore della mia pelle, mi disse: Augustine, sai che tu somigli proprio a mio padre?”.

Quando lavora nelle scuole, Augustine porta con sé una grande valigia. All’interno, alcuni dei suoi giocattoli creati con materiali riciclati: bottiglie di plastica, fili di ferro, buste e tappi di bottiglia che nelle sue mani si trasformano in palloni, corde per saltare, girandole e serpenti. Insegna ai bambini e ai ragazzi alcune delle sue tecniche, dando particolare importanza al movimento e all’espressività dei gesti, ma lasciando loro lo spazio per esplorare la propria creatività. Parte del laboratorio è poi dedicato al tema ambientale, che si sviluppa a partire dalla discussione sui materiali. Augustine si stupisce quando le maestre chiedono cosa devono comprare per il laboratorio: “Non c’è più l’abitudine a riusare le cose vecchie. Una delle prossime mostre su cui voglio lavorare sarà infatti sul concetto di scadenza: la crisi si sarebbe potuta vivere come possibilità, per imparare a riciclare e trasformare al di là delle scadenze, ma le gente oggi se non compra non è felice”.

Tra i momenti speciali vissuti nelle scuole, Augustine ricorda quando una bambina lo guardò dritto negli occhi e gli pose una semplice, ma profonda domanda: “Ma non ti manca la tua gente?”. Augustine la ringraziò, apprezzandone l’empatia:  “E’ incredibile come i bambini riescano a mettersi nei panni degli altri e sentire come propria la loro sofferenza. Ti insegnano cosa sia la purezza.”

Augustine vive una doppia appartenenza, ma anche un doppio spaesamento. Dopo tanti anni in Sardegna, sente forte nostalgia dell’isola non appena se ne allontana. Ma resta costante anche la nostalgia verso il Kenya. Il forte legame con il paese natale emerge chiaramente dalla scelta dei colori e delle forme delle sue opere artistiche. Come i pannelli creati con tappi di bottiglia, in cui l’alternanza di righe colorate crea un gioco di quadrati e diagonali con valenza sacra. “Quand’ero piccolo la cosa che più mi affascinava era la ricerca del materiale stesso,” racconta Augustine. “Camminavamo chilometri e chilometri per trovare qualcosa, e anche un filo di ferro era oro per noi. Una delle cose più preziose erano le pellicole che venivano buttate dove si faceva cinema. Con una scatola e una vecchia batteria riuscivo a proiettare le immagini sul muro, e facevamo pagare le proiezioni con tappi di bottiglia.” “Ho un ricordo nitido del momento della mia infanzia in cui per la prima volta mi chiesi: cosa vorrei fare da grande?”, continua Augustine. “E la mia risposta fu: mi piacerebbe continuare a fare quello che faccio ora”.

E così è stato. Il lavoro di Augustine negli anni si è ampliato e diversificato. Ma quando prende in mano una girandola creata con vecchie bottiglie di plastica e inizia a correre per azionare l’elica, nei suoi occhi si legge ancora lo stesso entusiasmo di trent’anni prima. (Lorena Cotza)

Questo articolo fa parte del progetto Our Elections Our Europe (Oeoe), che, attraverso il monitoraggio della stampa prima delle elezioni europee 2014, identifica dichiarazioni incitanti alla discriminazione da parte di politici e risponde in modo creativo attraverso articoli, vignette satiriche, radio storie, flash mob e una campagna internazionale sui social media. Oeoe è realizzato dal Media Diversity Institute in Gran Bretagna, Symbiosis in Grecia, il Center for Investigative Journalism e CivilMedia in Ungheria e dall'associazione Il Razzismo è una brutta storia in Italia, grazie al sostegno di Open Society Foundations

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