31 ottobre 2018 ore: 12:00
Immigrazione

Decreto Salvini e Sprar, "spetterà agli enti locali farsi carico dei progetti"

Il Coordinamento enti gestori e amministrazioni paventano i possibili effetti del decreto. E raccontano le esperienze (di successo e inclusione) della provincia di Lecce. A Lequile una start-up offre servizi per l’infanzia grazie ai bambini accolti nel progetto Sprar. A Tricase beneficiari coinvolti in settori dell’economia risollevati dai giovani del territorio
Immigrazione, uomo di spalle in penombra

LECCE - Sono circa 30 i progetti Sprar attivi nel territorio della provincia di Lecce, che vedono come enti gestori Arci Lecce, Philos Multiculturale, Gus Gruppo Umana Solidarietà, Cooperativa Rinascita. Una rete che impiega oltre seicento professionisti impegnati spesso da anni a costruire una rete di accoglienza che funziona. Come dimostrano le loro voci, frutto di un lavoro vero sui territori, e quelle degli amministratori degli enti locali che ospitano i progetti. Una realtà, questa, che guarda con timore a quelli che si teme siano gli effetti del decreto legge Salvini "Sicurezza e immigrazione", che ha avuto il via libera lo scorso 4 ottobre con la firma del presidente della Repubblica Mattarella.

Numerosi i punti critici evidenziati in queste settimane dal coordinamento degli enti gestori Sprar della provincia di Lecce, rispetto ad un provvedimento che “anziché governare il fenomeno migratorio e garantire sicurezza, mette a rischio l’efficacia stessa del sistema di accoglienza in Italia – sottolinea il coordinamento entri gestori -. Rischi legati soprattutto all’abolizione della protezione umanitaria che negherebbe un diritto inderogabile sancito dalla nostra Costituzione a tutte le vittime di tratta, tortura, migranti con disabilità; ma anche connessi al ridimensionamento del sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati a favore di un’accoglienza privata gestita nei grandi centri, così come al trattenimento per 30 giorni dei richiedenti asilo nei cosiddetti hotspot, con l’estensione del periodo di detenzione degli irregolari nei Centri di permanenza per il rimpatrio”.

Una visione che sembra contrastare profondamente la logica del sistema Sprar, concepito con l’intento di garantire percorsi di legalità e inclusione che diventano una vera garanzia di sicurezza per le comunità. Lo si vede soprattutto nelle piccole realtà, dove l’intera comunità ha beneficiato dello sforzo di costruire relazioni nuove. Il comune di Lequile, meno di 10 mila abitanti, ospita dal 2016 un progetto Sprar per l’accoglienza di 25 persone. “Al momento ospitiamo un gruppo di 20 persone, titolari di protezione umanitaria o asilo politico – afferma Maria Rosaria Elia, coordinatrice del progetto -. Si tratta di donne sole, famiglie con nuclei monoparentali. Abbiamo bambini di età compresa tra i 14 e 20 mesi. Sono persone in arrivo soprattutto da Camerun, Costa d’Avorio, Nigeria”. Nel primo periodo, in seguito all’avvio del progetto, c’è stata diffidenza da parte della comunità locale. “Una coppia di residenti anziani, ad esempio, non gradiva il fatto di avere ragazze africane come vicine di casa – precisa Elia -. Abbiamo portato avanti un lavoro faticoso di mediazione, anche grazie alla nipotina di questa coppia, fino ad arrivare ad una situazione di serenità, che ha consentito di superare i timori”. Il lavoro con la comunità locale è stato portato avanti anche grazie a progetti, semplici ma costruttivi, come “A porte aperte”, con l’invito rivolto alle famiglie ad aprire letteralmente le proprie case per cucinare insieme a persone di altre culture, intrecciare tradizioni. A Lequile, poi, i bambini piccoli accolti nel progetto Sprar frequentano un centro per l’infanzia che costituisce una start-up. Una realtà nuova, che farebbe fatica ad andare avanti se non fosse garantita la presenza di questi bambini.

Tricase, Capo di Leuca, circa 17 mila abitanti. Qui il progetto Sprar è attivo dal 2015 e accoglie al momento circa 50 beneficiari, uomini di età compresa tra i 18 e i 25 anni, in arrivo in gran parte dall’Africa occidentale, titolari di protezione internazionale sussidiaria o umanitaria. Ovunque una realtà di integrazione non è cosa immediata ma frutto di un impegno sul territorio. “Mi sono reso conto che l’integrazione culturale nella comunità locale consente di portare a quella lavorativa e abitativa - sottolinea Roberto Molentino, coordinatore del progetto Sprar -. Le relazioni nate sul territorio hanno favorito l’aumento di borse lavoro, tirocini formativi, nuovi contratti per le persone accolte, nei settori aziendali più vari, con una partecipazione quindi allo sviluppo dell’intero territorio. Dopo la crisi negli anni ’90, ora assistiamo ad una nuova fioritura dell’economia, con aziende guidate da giovani, piccole botteghe artigiane dove sono coinvolti anche i ragazzi accolti nello Sprar”. Un giovane in arrivo dalla Guinea ha seguito un corso di falegnameria, e ora sta lavorando in un’azienda che produce mobili – settore in rinascita – occupandosi in particolare di camerette per bambini. Nel settore della sartoria, una ragazza del territorio ha preso le redini dell’azienda del padre, dove ha cominciato a lavorare anche un beneficiario del progetto Sprar.

L’elemento centrale è “questa interazione tra l’energia dei giovani che riescono a risollevare il territorio – aggiunge Molentino – e i ragazzi del progetto che qui hanno trovato ospitalità. Se si verificassero gli effetti del nuovo decreto ci sarebbe il rischio di riduzione dei progetti Sprar, con la sola conseguenza di provocare danni ai beneficiari, costretti ad andarsene, e al nostro territorio”. La percezione generale, a livello di enti gestori ma anche di amministrazioni locali, è quello di un clima poco favorevole che fa temere un’involuzione rispetto ai risultati raggiunti. “Spetterà agli enti locali doversi far carico di situazioni finora gestite da chi si occupa degli Sprar – afferma Silvia Miglietta, assessore politiche attive del lavoro e pari opportunità al comune di Lecce -. Se i piccoli Sprar funzionano molto bene, i grandi centri invece non fanno che essere percepiti come allarmanti”.

Trepuzzi, con circa 15 mila abitanti, è stato il primo comune nella provincia di Lecce ad accogliere un progetto Sprar: “Già negli anni ’90 avevamo uno sportello per l’accoglienza – sottolinea il sindaco Giuseppe Taurino -. Occorre andare avanti, ora più che mai, sulla difesa dei diritti, sulla battaglia culturale, sulla tutela delle esperienze positive con veri confronti culturali”. A Martano l’assessore alle politiche per l’accoglienza Mauro Zacheo paventa anche le forti ripercussioni a livello occupazionale e professionale per le numerose persone coinvolte nella gestione dei progetti e per la salute dell’economia del territorio. Il coro di voci è unanime su questi fronti. “Sul nostro territorio abbiamo una forte presenza di persone di origine albanese – aggiunge Marcello Rolli, sindaco di Leverano -. Sono parte della comunità, i ragazzi frequentano scuole e palestre, non abbiamo problemi di sicurezza bensì un contributo enorme all’economia generale. Molte giovani coppie ci fanno pensare ad una possibilità di futuro”. (sm)

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