Disabilità: l'Italia riparte, le famiglie sono sempre sole. “Dobbiamo incatenarci?”
Mario e una delle sue operatrici
ROMA – “Siamo nella stessa
tempesta, ma non nella stessa barca”: con queste parole un gruppo
di associazioni di caregiver familiari del Lazio (Oltre lo Sguardo
onlus, Hermes e Consulta disabilità Roma) si rivolge al presidente
Zingaretti e agli assessori regionali, in una lettera in cui
denunciano lo stato di abbandono in cui queste famiglie si trovano,
anche oggi che l'Italia, in gran parte, si rimette in moto. “Come
rappresentanti di associazioni di promozione sociale per la tutela
dei diritti delle persone con disabilità e delle famiglie, possiamo
affermare che l’emergenza sanitaria abbia evidenziato in maniera
forte le discriminazioni e le difficoltà che quotidianamente, e da
sempre, vivono le persone con disabilità e i loro familiari –
scrivono - A distanza di circa due mesi dello scoppio della pandemia,
nulla o poco e male è stato fatto per loro”, denunciano le
associazioni.
E se oggi è la data della ripartenza, questa “per le persone con disabilità grave non potrà mai aver inizio, né il 4 maggio né mai”. si legge nella lettera. In riferimento alla delega che le regioni hanno ricevuto dal governo, con l'ultimo Dpcm (art. 8) per la riattivazione dei servizi per le disabilità, “intendiamo evidenziare alcuni aspetti fondamentali, senza dei quali non ci potranno essere riprese e rimodulazioni di progetti e servizi, efficienti ed efficaci, per la persona con disabilità grave intellettiva e relazionale”, scrivono le associazioni.
Eccezioni alle raccomandazioni
Innanzitutto, “le norme di prevenzione per la diffusione del virus emanate dalla Regione Lazio (Ordinanza n.Z00031 del 17 Aprile 2020), estese anche alle strutture semiresidenziali sociosanitarie e socioassistenziali, di fatto non consentiranno alle persone con disabilità gravi non collaboranti la ripresa di alcuna attività nella fase 2 ,3 o 4. Le raccomandazioni di rispetto delle norme devono prevedere alcune eccezioni fondamentali: l’impossibilità al distanziamento sociale potrà essere affrontata con la dotazione di dispositivi di protezione individuali, idonei ad un livello di rischio maggiore, a tutti gli operatori e assistenti (mascherina ffp3, occhiali di protezione); stipulare convenzioni con gli enti del Terzo Settore, accreditati e non, mediante assegnazione diretta relativamente alla durata della fase emergenziale, per l’utilizzo di spazi e immobili chiusi e in disuso, di proprietà della Regione o del Comune, per la realizzazione di attività socializzanti, ludiche occupazionali per piccoli gruppi, alternati, tutti con assistenza individuale; protocolli con i vettori che si occupano da sempre di trasporto disabili a scuola o presso i Centri, affinché nei casi più complessi possa essere assicurato anche il trasporto di massimo due o tre persone con disabilità + due operatori + l’autista, al fine di rispettare, anche a bordo dei pulmini, il distanziamento sociale e il contenimento; convenzioni per l’uso di aree verdi, parchi pubblici, circoli sportivi pubblici o privati per favorire attività all’aperto”.
Percorsi differenziati per disabilità gravi con Covid-19
Per quanto riguarda il diritto alla salute, “al fine di garantire l’efficacia del Sistema Sanitario anche alla persona con disabilità grave non collaborante e considerato che nessun trattamento sanitario risulta essere efficace se manca la collaborazione del paziente, chiediamo l’istituzione di percorsi differenziati per la diagnostica e la cura da Covid-19 e nello specifico: durante tutte le fasi di ricovero nelle aree di degenza Covid e fino a livello di 'media intensità di cura', al paziente dovrà esser garantito: il ricovero in una stanza singola dotata di secondo letto; la presenza nella stanza di ricovero di un caregiver o assistente h24 (al quale saranno forniti i necessari DPI), con funzione di mediatore tra il paziente e l’apparato sanitario”. In questo senso, una buona prassi indicata nella lettera è quella adottata dall’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata per la gestione dell’emergenza COVID-19, con linee guida emanate in data 15/04/2020, che prevede che “i pazienti confinati per sospetto o positività al COVID non possono ricevere visite”, ma “nei confronti delle persone con disabilità gravi e complesse non collaboranti e/o non autosufficienti, un familiare o un caregiver può, a richiesta scritta,seguire il paziente durante tutte le fasi intraospedaliere, a partire dalla fase di pre-triage e restare presso i reparti di degenza. L’autorizzazione è data caso per caso dal Direttore del reparto che farà presenti i rischi e tutte le alternative possibili. In tali casi, l’accompagnatore deve proteggersi costantemente con i dispositivi idonei”.
Se queste richieste non saranno ascoltate e accolte, continuerà a tempo indeterminato quello che Elena Improta definisce “il vero isolamento per le persone con disabilità grave e le loro famiglie: la mancanza di un domani, di un futuro, di un progetto, che ci apra le porte della vita. Per ora, nessuno ci presta attenzione – riferisce oggi Improta - Zingaretti propone la rimodulazione dei servizi e Raggi proroga il lockdown fino al 31 maggio! Intanto, gli enti gestori continuano ad essere pagati, anche se di fatto non erogano servizi se non online. Noi chiediamo la rimodulazione in assistenza domiciliare, loro ci rispondono con la rimodulazione delle attività in video! Ma solo il 20% delle persone disabili riesce a seguirle e sempre con un familiare accanto, che quindi non riesce mai a staccare. Qualcuno sta pensando di andare a incatenarsi alla statua di Marco Aurelio, in Campidoglio. Speriamo di non dover arrivare a tanto”.