18 novembre 2014 ore: 15:44
Economia

La casa prima di tutto: a Rimini parte il progetto "Housing first" per 10 senzatetto

Dieci alloggi per 10 senza dimora da almeno 4 anni in strada. Un investimento di 200 mila euro per passare da un welfare assistenziale a un welfare delle capacità. Il vicesindaco Lisi: “Ma i beneficiari dovranno fare la propria parte”
Chiavi di casa

RIMINI – Passare dal cosiddetto sistema a gradini dell’accoglienza – con step successivi che dalla strada portano un senzatetto in un alloggio – al sistema casa subito. Questa, nella pratica, la rivoluzione “housing first”: dare una casa a chi vive in strada in condizioni di forte disagio psico-sociale, bypassando tutti i passaggi intermedi, con la convinzione che, così facendo, al senza fissa dimora non si dia solo un tetto, ma anche una responsabilità e una possibilità di riscatto. Il Comune di Rimini (i senzatetto abituali sul territorio sono circa 200, dato in crescita) ha scelto di finanziare un primo progetto di housing first sperimentale: tra la fine del 2014 e il 2015 a 10 senzatetto saranno dati altrettanti alloggi sparsi per la città, per evitare ‘ghetti’. Un investimento di 200 mila euro tutto sulle spalle del Comune: “Per noi è qualcosa di eccezionale, soprattutto se si pensa che negli ultimi 3 anni lo Stato ci ha tagliato 21 milioni di euro – spiega Gloria Lisi, vicesindaco e assessore al Welfare – Ma siamo convinti che sia questa la strada: dare le chiavi di casa a una persona sola e in situazioni psichiche precarie significa ridarle dignità e un ruolo nella società da cui è esclusa”.

I senzatetto coinvolti nel progetto devono essere in strada da più di 4 anni (è uno dei principi cardine dell’housing first puro, quello creato a New York negli anni ‘90). I 10 alloggi sono stati recuperati dal mercato privato (“tengo a sottolineare che non sono case popolari”): tra di essi, il primo immobile requisito alla malavita. Sono tutti in zone residenziali, e i vicini di casa informati sull’iniziativa: “Abbiamo visto come spesso sia la comunità stessa che, dopo avere superato i primi momenti di diffidenza, si prende cura del nuovo arrivato”. Nuovo arrivato che, dopo essere stato coinvolto nell’arredamento della sua nuoca casa, viene seguito da un’équipe multisettoriale composta da personale sanitario, assistenti sociali, medico di base, infermieri, mediatori culturali. “Così facendo si passa da un welfare assistenziale a un welfare delle capacità e potenzialità. E non è un passaggio immediato, ma un risultato ottenuto dopo anni di durissimo e caparbio lavoro sul territorio”.

Il progetto è stato affidato, tramite bando, all’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII che da anni opera a sostegno dei senzatetto. E sarà proprio la Papa Giovanni XXIII con il Comune e gli assistenti sociali a valutare i possibili destinatari: i primi 3 di loro dovrebbero riuscire a entrare nell’alloggio già a dicembre. I beneficiari dovranno contribuire alle spese, dalle utenze a parte dell’affitto, a seconda dei singoli casi e delle singole possibilità: “Ognuno deve fare la propria parte. Noi, come amministrazione, ci diamo come obiettivo l’autonomia delle persone che seguiamo”. Oltre ai 10 casi di housing puro, il comune di Rimini metterà a disposizione un appartamento per 2 senza fissa dimora che proveranno a vivere insieme: “Diciamo che è un tentativo: queste due persone hanno problematiche molto diverse, pensiamo potrebbero trovare la forza l’uno nell’altro. Ma tutto è ancora in via di definizione”.

Studi recenti sottolineano come l’80 per cento dei destinatari riesce a mantenere la casa a due anni dall’inserimento: la disponibilità di un alloggio proprio incide positivamente sul benessere psicofisico riducendo l’uso di droga, alcol e le spese per cure mediche. Il recupero dell’autostima può favorire anche la ricerca di un impiego. “Nell’agenda Europa 2020 l’homelessness è una priorità: speriamo che, quando saremo a pieno regime, potremo usufruire dei fondi europei messi a disposizione delle povertà. Puntiamo a diventare come Copenaghen, Glasgow o Lisbona, i nostri modelli sul tema”. Tema che sta coinvolgendo, primi in Italia, non solo Rimini ma anche Bologna.  

“In principio ero molto perplessa sull’housing first – ammette Lisi – in un periodo in cui molte famiglie sono in difficoltà, avevo paura di non affrontare correttamente l’emergenza casa a tutti i livelli”. Soprattutto in un periodo complesso come questo, con momenti di tensione sociale all’ordine del giorno: “Sono preoccupata, certo: da quello che sento la mattina al bar. Ma dobbiamo guardare oltre lo stigma e il pregiudizio, perché quando si conosce si smette di avere paura. Prendo a prestito una frase sentita pochi giorni a un convegno organizzato da Caritas: se un catechista ha problemi a parlare di immigrazione e tolleranza non è un buon catechista. Io faccio lo stesso discorso per i politici: se un politico ha problemi con i migranti, non è un buon politico e se ne deve andare”. (ambra notari)

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