Mamma volontaria dopo la malattia del figlio: "Sono tornata per aiutare"
ROMA – Ci sono tante mamme, tra i volontari dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù: sopratutto nel reparto di Oncoematologia, dove si incontrano le storie più dure, si vedono le malattie più cattive, si incrociano gli sguardi dei genitori più provati dal dolore e dalla paura. Ci sono tante mamme che, dopo aver trascorso in questo reparto lunghe giornate, lunghissime notti, a volte interminabili mesi, sono riuscite a venirne fuori, con i figli finalmente guariti, pronti a riprendere in mano la propria vita nel punto in cui la malattia l'aveva brutalmente interrotta.
-Alcune di queste mamme, a un certo punto, sentono il bisogno di tornare lì dentro, di rientrare in quel reparto del dolore e della paura, che una parte di loro vorrebbe dimenticare. Tra queste c'è Anna, che questo sentimento ce lo spiega molto bene. “Da una parte vorresti cancellare tutto, archiviare per sempre quella sofferenza e quell'angoscia. Da un'altra parte, però, senti qualcosa che ti spinge a tornare, a fare qualcosa, a rientrare in un'altra veste: nella veste di chi può aiutare e dare speranza a chi sta vivendo adesso quello che tu hai passato anni fa”.
Era il 1996 quando suo figlio, allora tredicenne, fu ricoverato improvvisamente. “Era una ragazzo sano, non aveva mai avuto niente. La diagnosi fu tragica: leucemia mieloide acuta. Di punto in bianco si è ritrovato in ospedale, sopraffatto da una malattia che lo stava divorando. Ho capito che in quel momento bisognava tirar fuori tutta la grinta possibile e trasmettergliela”. Al Bambin Gesù, Anna e suo figlio hanno trascorso circa 6 mesi, quelli necessari per concludere i cicli di chemio. Poi altri 4 mesi a Monza, per il trapianto di midollo donato dal fratello. “Oggi mio figlio ha 33 anni e sta benissimo, ha la sua vita e la sua autonomia. E, diversamente da me, in ospedale non intende proprio rimetterci piede. Io invece, nel momento stesso in lui è definitivamente guarito, ho sentito il bisogno di di entrare di nuovo in quel reparto, per sollevare e confortare chi stava attraversando la mia stessa angosciante esperienza”.
E così è diventata volontaria dell'associazione Davide Ciavattini, che opera all'interno del reparto di Oncoematologia. “Quando eravamo ricoverati, avevamo ricevuto il sostegno e il conforto dei volontari. Mio figlio con loro giocava, si divagava, viveva momenti di distensione. Ed erano un aiuto anche per me, che a volte avevo bisogno di sfogarmi, di tirar fuori la mia angoscia. I volontari erano preziosi, così come la presenza costante e incoraggiante di medici e infermieri”.
Così, smessi i panni della paziente, Anna ha quasi subito vestito quelli della volontaria. E due volte a settimana attraversa Roma, per tornare in ospedale e trascorrere mezza giornata accanto alle famiglie dei piccoli pazienti. “Raccogliamo il dolore e le preoccupazione dei genitori, restiamo con i bambini quando vogliono prendere una boccata d'aria. Siamo tante mamme di ex pazienti: in molte sentiamo questo bisogno, come una missione”.
La cosa più difficile? “Il primo impatto, quando arriva un bambino nuovo e non conosci lui né la famiglia, non sai in che stato d'animo siano, non conosci la loro storia e non sa come ti accoglieranno. A volte non vogliono nessuno, vogliono rimanere soli, non accettano di essere avvicinati. Ma generalmente scatta presto l'amicizia tra le famiglie e la solitudine si rompe: ci si interessa ai bambini, alle terapie, ci si scambiano esperienze e si accetta il conforto che noi volontari proviamo ad offrire. E' un impegno duro, a volte è faticoso tornare lì dentro, in alcuni periodi ho sentito il bisogno di staccare e ho interrotto per alcuni periodi. Ma poi, di nuovo, qualcosa mi spinge a tornare”. E' appena uscita dal Bambin Gesù e si prepara ad attraversare a città, per rincasare. (cl)