Minori poveri, crescono al nord e tra i più piccoli. Sono oltre 1 milione
Concorso 'Scatti di povertà'. Gioco con poco di Mauro Vanoli (finalista)
Linda Sabbadini in collegamento skype |
BARI – La povertà non diminuisce al Sud e aumenta anche al Nord. Secondo i dati Istat presentati alla Conferenza per l’infanzia di Bari nel 2012 sono 1 milione e 058 mila i minori in povertà assolta in Italia, il 22% dei poveri assoluti. “Un deterioramento della situazione emerso con forza nel 2011 - sottolinea l’Istituto di ricerca - e, ancor più nel 2012, con l’impennata degli indicatori di deprivazione materiale: dal 6,8% del 2007 al 14,5% del 2012”. Tra i minori, la quota di coloro in famiglie gravemente deprivate è passata dal 7,9% del 2007 al 12% del 2011 e ha raggiunto il 16,9% nel 2012 (1 milione 775 mila minori). Linda Sabbadini in collegamento skype spiega come le famiglie in queti anni di fortisima crisi si siano indebitate sempre di piu' per far fronte ai consumi. La crisi lunga e violenta ha toccato fasce nuove e colpito anche le regione del nord: Il numero di minori poveri residenti infatti passa dal 31,2% al 35,7% al Centro e dall’11,6% al 14,9% al Nord.
Cresce la povertà tra i più piccoli. L’incidenza della povertà assoluta è più elevata tra i minori di oltre cinque anni, tra i quali supera il 10% (11% se tra i 5 e i 10 anni, 11,5% se tra 11 e 13, 10,1% se 14 o più). Tuttavia, sottolinea l’Istat, ”negli anni della crisi l’aumento della povertà è stato particolarmente marcato, seppur su livelli più bassi, tra i minori di età compresa tra i 0 e i 5 anni”: l’incidenza è passata dal 3,8% al 9,1% (nel 2007 rappresentavano il 23,6% dei minori poveri e nel 2012 il 26,7%). Nel 2007 erano 114 mila, nel 2012 sono 285 mila. “La crescita più accentuata della povertà assoluta dei minori più piccoli e nel Centro Nord ci fa affermare che ciò è dovuto al forte peggioramento delle condizioni economiche soprattutto delle famiglie di immigrati", spiega Linda Sabbatini. Inoltre "gli effetti della crisi in termini di povertà stanno coinvolgendo anche gruppi che, tradizionalmente, presentano una diffusione del fenomeno molto contenuta e si stringe il legame tra povertà, mancanza di occupazione e perdita dell’occupazione”.
Le famiglie dei minori poveri. Oltre un terzo (il 38,%) dei minori poveri assoluti vive in famiglie con problemi di disoccupazione. La maggioranza dei minori vive in famiglie con persona di riferimento lavoratore dipendente (55%), in particolare operaio (40,3%) ; circa il 12% vive in famiglie di lavoratori autonomi , in particolare d lavoratori in proprio (9,7%, ). I particolare i minori poveri vivono nelle famiglie di disoccupati nei piccoli comuni con bassissimi livelli di consumo (18%), le coppie di operai con tre o più figli minori nei piccoli comuni (9,5%), in quelle di monogenitori (che vivono di trasferimenti come pensioni o altro nel Mezzogiorno in proprietà con mutuo (10,5%); nelle coppie e i monogenitori operaie monoreddito nei piccoli comuni del centro-nord (12,6%) o in quelle con due minori nei grandi comuni in affitto del Centro-Nord con problemi di affollamento abitativo (12.6%). Ma anche in quelle di impiegati con 2 minori monoreddito con mutuo della casa di proprietà nei piccoli comuni (12,2%). Infine nelle coppie di lavoratori in proprio con due figli minori in proprietà con mutuo nei grandi comuni (12,9%)
I consumi delle famiglie povere. Nel corso della crisi sono decisamente aumentate le spese per l’abitazione (inclusi i combustibili e l’energia), che da 378 euro mensili sono salite a 470 euro, anche a seguito della forte dinamica inflazionistica. Sono invece diminuite le spese per abbigliamento e calzature, da 40 euro a 33 euro al mese, le spese per sanità, da 19 euro a 16 euro, e quelle per comunicazioni, da 36 euro a 32 euro. Le spese per alimentari sono aumentate di solo 9 euro (da 291 a 300 euro), anche a seguito delle strategie di risparmio messe in atto dalle famiglie: oltre il 20% delle famiglie con minori assolutamente povere fa acquisti all’hd per tutti gli alimentari (la quota era di uno scarso 10% nel 2007) e in un solo anno (tra il 2011 e il 2012) oltre il 50% dichiara di aver diminuito la qualità e quantità dei prodotti alimentari acquistati.