14 maggio 2013 ore: 12:46
Economia

Sei milioni di tonnellate di cibo in eccedenza, ecco come ridurre lo spreco

Il volume “Dar da mangiare agli affamati" redatto da tre studiosi del Politecnico di Milano, analizza il fenomeno in Italia e illustra come destinare il surplus alla rete di food bank ed enti caritativi
Cibo buttato

Cibo buttato

Sei milioni di tonnellate, il 17 per cento dei consumi alimentari annui: sono i numeri che in Italia rappresentano le eccedenze generate nella filiera agro-alimentare e costituiscono una sfida per chi si interroga su come alleviare la povertà alimentare e per chi si impegna ad aiutare quanti ne soffrono. 
Si tratta di un numero in continua crescita, che rende ancora più drammatica la situazione a fronte di una crisi che non sembra destinata a risolversi in tempi brevi. Quando le eccedenze non sono recuperate per soddisfare le esigenze alimentari delle persone, diventano spreco, almeno dal punto di vista sociale. Al tempo stesso, non tutte le eccedenze sono eliminabili all'origine; esse sono dunque un'opportunità per ridurre l'insicurezza alimentare. 
Il volume “Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità” (Guerini e Associati editore, 2012) redatto da tre studiosi del Politecnico di Milano, illustra i risultati di un primo tentativo di fornire una visione d'insieme del fenomeno dell'eccedenza alimentare e dello spreco nei diversi stadi della filiera agro-alimentare italiana. 

Sulla base di più di 100 studi di caso condotti nel settore primario, nell'industria di trasformazione, nella distribuzione e nella ristorazione e di un'indagine che ha coinvolto 6.000 nuclei familiari, vengono identificate le cause di generazione delle eccedenze alimentari e vengono stimati i valori dell'eccedenza e dello spreco, per i diversi settori e a livello nazionale. Il volume presenta inoltre le modalità di gestione che permettono di ridurre lo spreco e di destinare le eccedenze alla rete di food bank ed enti caritativi.

La ricerca affronta anche i motivi della generazione dell’eccedenza alimentare, che sono tanti e di diversa entità. Come ad esempio, nello stadio del consumo, vi sono comportamenti come la bassa frequenza della spesa, l’acquisto di confezioni non divisibili, gli acquisti di impulso. Il risultato finale è un’eccedenza che deve essere gestita al di fuori degli usuali canali commerciali e di consumo domestico.  

Una volta definita e analizzata l’eccedenza alimentare nei diversi stadi della filiera, lo spreco alimentare è stato definito come l’eccedenza alimentare che non è recuperata per il consumo umano (ottica sociale), per l’alimentazione animale (ottica zootecnica), per la produzione di beni o energia (ottica ambientale). Non sono in ogni caso compresi nello spreco alimentare gli scarti della produzione e della preparazione degli alimenti, così come le eccedenze che vengono immesse nei mercati secondari. 

L'eccedenza alimentare è dunque contemporaneamente una ricchezza ed uno spreco. E' una ricchezza perché testimonia che esistono risorse disponibili per soddisfare il bisogno degli indigenti. E' uno spreco perché buona parte di questa eccedenza non viene in realtà utilizzata per lo scopo primario (soddisfare le necessità alimentari) e diviene "rifiuto", consumando inutilmente tutte le risorse produttive (campi, acqua, energia, etc.) servite per produrla e lasciando chi ha più bisogno. (sp)