Servizio civile e lavoro, quella voglia di muoversi e "capitalizzare" l'esperienza
ROMA – Mobilità dei giovani volontari e uso dei media sono l’oggetto di due focus dell’indagine, su “Il Servizio civile nazionale fra cittadinanza attiva e occupabilità”, presentata a Roma e condotta da Isfol su un campione composto da 1.000 giovani rappresentativi dei circa 28 mila avviati nel bando nazionale 2015. A 15 anni dalla sua istituzione, si tratta per il Servizio Civile Nazionale (Scn) della prima indagine sperimentale “quali-quantitativa” sui volontari che lo hanno svolto o lo stanno svolgendo, concentrandosi in modo particolare sul loro identikit al momento dell’avvio dell’esperienza.
Solo il 14% di essi risulta poco mobile, mentre l’86% del campione è fatto da giovani “disponibili a spostarsi per lavorare, che masticano le lingue ed hanno viaggiato, anche se per piacere”. Giovani che nel 92,4% dei casi hanno accesso a Facebook, che per l’80% dichiara di seguire i temi di attualità e che per oltre la metà (il 62%) si informa tramite telegiornali e quotidiani online. Solo il 28% di loro invece legge i quotidiani cartacei e sul fronte del social network, appena il 16,6% dichiara di utilizzare Linkedin “l’unico social dedicato in maniera dedicata alla profilazione professionale e alla ricerca di lavoro”, sottolinea l’Isfol.
Continuando nell’indagine, il campione di giovani analizzati “restituisce un quadro di modesta partecipazione alla vita politica e sociale: solo il 16% dei volontari registra un valore alto, circa la metà dei volontari (45%) si attesta intorno ad un valore medio e il 35% ad un valore basso”. Tuttavia sono giovani mediamente più attivi dei loro coetanei, dato che il 41,8% di loro ha fatto esperienze di volontariato ed associazionismo, a fronte del 10% della popolazione italiana fra i 14 e 34 anni (secondo i dati ISTAT). Inoltre per il 74% dei volontari “ingiustizia” e “discriminazione” sono considerate motivazioni prevalenti per mobilitarsi, mentre tra le emergenze del Paese mettono il lavoro (32,4%) e la sanità (19,1%). Fanalino di coda la Sicurezza, avvertita solo per il 4% di loro come priorità su cui investire.
Infine per il 67,2% degli intervistati la scelta di svolgere il servizio civile si lega a motivazioni di carattere individuale, in primis “per accrescere le proprie competenze, formarsi e avvicinarsi al mondo del lavoro” (44,2%), mentre per il 32,8% a motivazioni più “sociali”, tra cui “aiutare le persone che hanno bisogno” (23,5%). Nel computo complessivo, “guadagnare qualcosa” è una motivazione espressa solo dal 9,8% dei giovani in servizio.
“In estrema sintesi – scrive l’Isfol -, è possibile sostenere che l’urgenza dei giovani volontari è quella di rendere l’esperienza nella sua articolata complessità non solo capitalizzabile - rispetto ad altri percorsi di studio o di lavoro - ma anche valorizzabile all’interno di tracciati sempre più individualizzati che non possono prescindere da indirizzi di studio, attitudini talentuose, vocazioni di tipo solidaristico e pratiche di cittadinanza attiva”. “Oltre il 51% dei rispondenti si divide poi tra chi teme di non riuscire a trovare un qualunque lavoro e chi ha paura di rimanere precario per tanto tempo. Timori che però non si trasformano in atteggiamenti rinunciatari, tanto che l’82% dei volontari è disposto a cambiare città pur di lavorare, ma che si misurano realisticamente con le dinamiche di accesso al mercato del lavoro”, spiega ancora la ricerca. “La quasi totalità dei volontari avviati con il Bando 2015 – prosegue - ha avuto un confronto diretto con le criticità attuali del mercato del lavoro, tramite lavori più o meno regolari, stage e tirocini, tanto da avere difficoltà ad immaginare un futuro lavorativo e da avere come preoccupazione prevalente quella di non trovare il lavoro per cui si sono formati (36,7%), un lavoro qualsiasi (29,2%) o restare precari per molti anni (22,1%). A cui si aggiunge il dato che vede il mercato del lavoro al primo posto delle priorità del Paese secondo i volontari”.
“Questi dati – commenta l’Isfol - sembrano indurre una considerazione utile per il policy maker. Attualmente, infatti, la possibilità di accedere al Scn sembra aumenti al crescere del livello di istruzione, del background familiare, del livello di predisposizione alla mobilità, del livello di attivazione sul mercato del lavoro, della capacita di utilizzare il web. In altre parole, la probabilità di accesso sembra crescere all’aumentare del livello di occupabilità dei ragazzi “ex-ante”. Se il Scn ambisce a diventare una misura universale bisognerebbe trovare il modo di intercettare anche i giovani meno istruiti e con background familiari meno alti, soprattutto al Sud, coinvolgendo anche i meno occupabili per offrire loro un’opportunità e un’occasione esperienziale che farebbe crescere anche le risorse per l’occupabilità”.
“La lettura dei dati, dunque, suggerisce di continuare a monitorare il Servizio Civile Nazionale per poter sciogliere, nel lungo periodo, le questioni circa la capacità di produrre integrazione e contribuire alla mobilità sociale dei giovani che vi partecipano, specie per coloro che si presentano all’esperienza non troppo dotati di quelle caratteristiche in campo sociale, culturale ed economico che indicizzano l’occupabilità”, concludono i ricercatori Isfol. (FSp)