Terremoto. Anpas: prevenzione, "unica ricetta possibile" contro sisma
ROMA – La prevenzione è “l’unica ricetta possibile” contro il terremoto e deve entrare nella quotidianità dei cittadini italiani che vivono nelle zone a rischio. Dopo una giornata intera di soccorsi nelle zone terremotate nelle province di Rieti e Ascoli Piceno, è Carmine Lizza, geologo e responsabile della protezione civile dell’Anpas (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze) a chiedere di puntare maggiormente sulla prevenzione. Allertata già dalle prime ore dopo il sisma, l’Anpas ha predisposto per la notte nella cittadina di Amatrice il primo campo con tensostrutture, cucina e segreteria di campo. “Siamo stati attivati immediatamente dopo la scossa principale attraverso il meccanismo di comunicazione previsto dalla convenzione con il Dipartimento nazionale della Protezione civile – spiega Lizza -. Abbiamo delle risorse sul posto che sono intervenute subito dopo l’evento sismico”. Sul campo una centinaia di volontari ha predisposto le tende per la notte, ma c’è già un piano per l’impiego di altri volontari nei prossimi giorni. “Abbiamo una sala operativa nazionale che è stata aperta immediatamente e ha contattato tutte le sale operative regionali. Sulla base delle prime disponibilità si è ipotizzato un eventuale invio di risorse aggiuntive per i soccorsi e l’assistenza alla popolazione . Siamo già organizzati con i comitati regionali per l’invio delle squadre e stiamo lavorando sui turni. Dopo queste prime fasi, i turni saranno settimanali”.
Intervento della Protezione civile che per Lizza è stato rapido anche grazie all’esperienza maturata dopo il terremoto dell’Aquila del 2009. Dopo quell’evento, infatti, per Lizza “ci sono stati degli interventi per migliorare la macchina, che già all’Aquila funzionava bene. Oggi ci sono degli elementi in più, siamo in crescita in termini di organizzazione e efficienza dell’intervento nonostante le risorse siano diminuite in termini economici”. Per Lizza, l’esperienza dell’Aquila è stata di “fondamentale importanza”, non solo per via dei miglioramenti apportati ai meccanismi di intervento della Protezione civile, quanto soprattutto per la maggiore promozione della prevenzione. “L’unica cosa che ci possiamo rimproverare è quella di non aver avuto il tempo necessario per continuare la campagna di sensibilizzazione per i cittadini – spiega Lizza -, ma i tempi della prevenzione sono molto lunghi”.
Secondo Lizza, infatti, dopo il terremoto del 2009 è cambiato l’approccio delle istituzioni al problema. “Anche il Dipartimento nazionale dopo L’Aquila con una serie di ordinanze ha voluto migliorare gli studi di microzonazione sismica - aggiunge Lizza - e ci sono anche dei fondi a cui i cittadini possono accedere per mettere in sicurezza le proprie abitazioni dal punto di vista strutturale, soprattutto per i comuni più a rischio. Qualcuno dirà che sono troppo pochi, ma intanto ci sono e il passaggio è stato netto e importante: lo Stato ha cominciato a mettere soldi sulla prevenzione strutturale”. Un cambio di “prospettiva” importante, sottolinea Lizza, che deve essere fatto proprio anche dai cittadini. Ed è così che la questione diventa “culturale”. “Il cittadino informato è un cittadino che pretende che la propria abitazione sia sicura dal punto di vista sismico – continua Lizza - e che abbia prestazioni che possano garantire la sicurezza nella zona dove si vive. Così come noi andiamo in concessionaria e pretendiamo di avere una macchina che abbia tutte le caratteristiche e le diavolerie elettroniche, così il cittadino deve pretendere da costruttori e progettisti una protezione sismica maggiore. Oggi ci sono conoscenze incredibili che fino a qualche anno fa erano impensabili. È una questione semplicemente culturale e non economica”.
I costi di una progettazione nel rispetto delle norme antisismiche e la predisposizione di tali norme anche nei centri storici, spiega Lizza, non sono proibitivi. “Costruire in classe 4 e cioè in quella classe più elevata di protezione sismica quando va male ha dei costi che si aggirano sul 5 o 8 per cento in più sui costi di costruzione a livello strutturale e non sull’intera abitazione. Le risorse da mettere in campo sono pochissime in cambio di una garanzia”. Interventi possibili anche nei centri storici, aggiunge Lizza. “Oggi ci sono delle tecnologie sia per il recupero dei centri storici che delle nuove abitazioni che permettono di raggiungere dei livelli di protezione sismica impensabili fino a qualche anno fa”. Quel che serve è tempo e la volontà di cambiare approccio. “È un momento epocale per il nostro paese – conclude Lizza -. È un percorso lungo: ci vorranno dai 10 ai 20 anni, ma è un percorso che va fatto perché le risorse sono sempre di meno, la possibilità di ricostruire è sempre minore . Bisogna costruire in maniera tale da non dover riparare di corsa i nostri tesori. Buona parte dei centri storici in Italia sono delle opere d’arte in sé e rappresentano la nostra storia”.(ga)