Un operatore della Papa Giovanni XXIII: “La migrazione ha aumentato la tratta”
BOLOGNA – “Il primo approccio con le ragazze in strada? È duro, difficile. Non si fidano di nessuno. Si vergognano e ti raccontano di essere lì per motivi economici. Quando prospetti loro un’altra vita con un lavoro, ti rispondono che in strada guadagnano di più. La verità te la raccontano quando scappano e te le vedi arrivare solo con una borsa di plastica e nient’altro”. A parlare è Nicola Pirani, coordinatore dei volontari dell’unità di strada della Comunità Papa Giovanni XXIII di Bologna, che con la moglie Daniela Ercoles, anche lei della Comunità, vive in una casa famiglia in cui, nel corso degli anni, sono state ospitate molte ragazze liberate dalla tratta. “Per ragioni di sicurezza, le ragazze che vengono liberate a Bologna vengono accolte in altre città e viceversa per quelle di altre zone che invece arrivano qui – racconta Pirani – Oggi accogliamo alcuni adolescenti in affido, ma negli anni abbiamo accolto un centinaio di ragazze. Vivevano insieme a noi, se uscivamo a mangiare la pizza portavamo anche loro. Ci voleva qualche mese perché si confidassero, ma tutte raccontavano storie di violenze, parlavano della Libia come dell’inferno. Oggi quelle ragazze lavorano, si sono sposate, si sono ricostruite una vita”.
L’unità di strada della Comunità Papa Giovanni XXIII è piccola, “usciamo con 2, al massimo 3 persone, per non spaventare le ragazze”, ed esce 2 volte alla settimana, una alla sera e una di giorno. “Di giorno andiamo in zona Fiera, vicino all’uscita della tangenziale, dove ci sono una ventina di ragazze e poi a Borgo Panigale, dove ci sono 30/35 nigeriane. Sui viali cittadini invece le avviciniamo in bicicletta per togliere anche la ‘barriera’ data dal furgoncino”, racconta Pirani. “La migrazione ha aumentato il racket della tratta – continua – Tutte le ragazze che arrivano, anche molto giovani, fanno richiesta di asilo, non scappano perché hanno un debito da pagare, a volte 35 o 50 mila euro, e hanno paura di ritorsioni nei confronti della famiglia. Per fortuna, alla Commissione prefettizia per le richieste di asilo, ci sono commissari esperti che al minimo sospetto di tratta, congelano la pratica e ci avvisano”. (lp)