2 ottobre 2014 ore: 15:59
Immigrazione

3 Ottobre. Oxfam: "Oltre 51 milioni i profughi nel mondo, sì ai visti per motivi umanitari"

A un anno dal naufragio che costò la vita a 366 migranti l’organizzazione chiede di ripensare l’impegno dell’Europa e nuove forme di accoglienza. “Frontex plus non va oltre l’emergenza, bisogna investire di più nei paesi di provenienza dei migranti”
Sud Sudan, profughi

ROMA –“Oltre 51 milioni di persone nel mondo oggi sono in fuga da guerre e fame, vittime di violenze e del più alto livello di disparità economica e sociale dell’ultimo decennio. A un anno dall’anniversario dalla tragedia che lo scorso 3 ottobre costò la vita a 366 migranti a 500 metri dall’ingresso del porto di Lampedusa, bisogna accende i riflettori sulla necessità impellente di rivedere il sistema di accoglienza di profughi e migranti in Italia e in Europa, cominciando a garantire visti per motivi umanitari”. Lo sottolinea in una nota Oxfam Italia, alla vigilia dell’anniversario della tragedia di Lampedusa.

“Non è possibile affrontare questo gigantesco flusso migratorio con gli strumenti usati sino ad oggi e con un approccio che sembra a volte schizofrenico – sottolinea Alessandro Bechini responsabile programmi domestici di Oxfam Italia - Serve quanto prima uno sforzo europeo per garantire visti per motivi umanitari o altri meccanismi di ingresso per quanti fuggono da guerre e fame, altrimenti ci saranno ancora solo lacrime e commemorazioni. Oxfam è favorevole a un’operazione che crei un canale sicuro nel quale profughi e migranti siano messi in grado di poter sfuggire alla morte in mare, dato che solo dall’inizio dell’anno si sono contate 3.045 vittime durante i viaggi della speranza attraverso il Mediterraneo, secondo i dati forniti dall’Oim(l’Organizzazione internazionale per le migrazioni). Apprezziamo l’incredibile lavoro svolto dall’Italia con il programma Mare Nostrum per salvare il maggior numero possibile di migranti arrivati dalle coste del nord Africa. Tuttavia i limiti e le responsabilità dell’Europa sono evidenti e la prospettata operazione Frontex Plus non lascia sperare in una svolta, che vada oltre l’approccio puramente emergenziale.”

Una situazione complessiva di difficile gestione, che secondo Oxfam, è strettamente correlata anche all’insufficienza degli investimenti da parte dei governi europei in interventi di Cooperazione allo sviluppo nei Paesi di provenienza dei migranti: Siria, Eritrea, Somalia, Mali  e Nigeria solo per citare alcuni dei paesi da dove sono più consistenti i flussi migratori verso l’Italia e l’Europa. Investimenti che restano, per la maggior parte, ben al di sotto degli impegni che vengono pubblicamente presi nei vari summit internazionali e che non vengono, salvo rare eccezioni, rispettati. Ad esempio l’Italia è ancora ferma allo 0,14 per cento del Pil negli investimenti in cooperazione, di contro a un obiettivo assunto che dovrebbe portare il nostro Governo a destinare lo 0,7 per cento.

“Se prendiamo ad esempio la risposta internazionale all’immane crisi siriana, che sta producendo un numero di rifugiati già oltre i 3 milioni, – prosegue Bechini - essa risulta fallimentare su 3 fronti: aiuti insufficienti, scarse offerte per una nuova sistemazione dei rifugiati, continui trasferimenti di armi. Per questo Oxfam ha chiesto con urgenza all’Onu di imporre un embargo sulle armi a tutte le parti belligeranti, e ai governi dei paesi più ricchi di contribuire con una giusta quota di aiuti, offrendo accoglienza al numero crescente di siriani in fuga dalla violenza”. Oxfam Italia, che dall'inizio del 2014 ha raggiunto quasi mezzo milione di rifugiati siriani in Giordania e in Libano fornendo loro acqua potabile e beni di prima necessità, “sarà perciò a Lampedusa per sottolineare inoltre la necessità di concepire un modello di accoglienza che superi i grandi Cara, i centri  di accoglienza per richiedenti asilo, sostituendoli con una rete diffusa di piccole e piccolissime strutture di accoglienza, che abbiamo un minor impatto sulla comunità ospitante e che garantiscano un miglior percorso di integrazione” conclude la nota.

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