17 dicembre 2024 ore: 17:55
Salute

Salute, Forum DD: "Case della comunità, siano un'opportunità"

Pubblicato da Forum Disuguaglianze Diversità un report che propone di ragionare sulle Case della Comunità per sviluppare una riflessione ampia sulla funzione pubblica e sul ruolo che lo Stato deve avere per garantire l’esigibilità del diritto alla salute da parte di cittadini e cittadine

ROMA - Migliorare la sanità territoriale: questo è stato uno dei ritornelli più ascoltati dopo la pandemia da Covid-19. A questo scopo dovrebbero rispondere le Case della Comunità che compaiono nella Missione 6 del PNRR e si configurano come strutture socio-sanitarie polivalenti che forniscono assistenza di tipo primario e attuano attività di prevenzione nonché di promozione della salute. Un ruolo essenziale ribadito anche dal Decreto n.77/2022 che definisce le caratteristiche del sistema di assistenza territoriale del Servizio Sanitario Nazionale, e dalle successive linee di indirizzo. Ritenendo cruciale garantire l’esigibilità del diritto alla salute, già ampiamente compromesso, da parte di tutti i cittadini e tutte le cittadine, come da dettato costituzionale, il Forum Disuguaglianze e Diversità pubblica il report “Case della Comunità. Alla ricerca di una «nuova» nozione di pubblico”, concentrandosi sulle Case della Comunità nel settore sociosanitario, individuando quelle caratteristiche a cui ambire e proponendo degli esempi di buone pratiche già esistenti e operative in Italia.

Frutto della riflessione congiunta di un gruppo di esperte ed esperti del settore sociosanitario e del welfare, raccolto attorno al ForumDD, il lavoro ha anche l’obiettivo di indagare come le Case della Comunità possano offrire l’opportunità per ripensare la funzione pubblica, rivitalizzando il lavoro sociale, l’attenzione alla multidimensionalità dei bisogni e la partecipazione dei diversi soggetti coinvolti.

Case della Comunità: quattro caratteristiche necessarie

Nel Rapporto, il ForumDD propone quattro caratteristiche che le Case della Comunità dovrebbero avere. La prima è l’integrazione fra dimensione sanitaria e sociale, necessaria a intercettare i bisogni delle persone, in particolare di quelle più svantaggiate, cercando di incidere ex ante sui fattori di rischio. Le Case della Comunità dovrebbero quindi essere degli spazi accessibili e di prossimità dove la distanza tra cittadine e cittadini e la funzione pubblica sia ridotta, assicurando l’offerta di servizi diversi e multidisciplinari. Seconda caratteristica è l’attenzione alle relazioni: è fondamentale che ogni cittadina e ogni cittadino sia trattato sulla base di un’uguaglianza di considerazione e di rispetto.

Terza la predisposizione al lavoro multidisciplinare e la valorizzazione del lavoro sociale e delle risorse della comunità stessa. Le risorse della comunità devono essere mobilitate per acquisire informazioni su bisogni inespressi o poco conosciuti ma anche per esprimere modalità alternative per potervi fare fronte. Infine, le Case delle Comunità, pur avendo una radice territoriale, devono essere mosse da un afflato universalistico. L’articolo 32 della Costituzione é netto: “La tutela della salute è diritto fondamentale dell’individuo, nonché interesse della collettività”. La prospettiva quindi non può che essere universale, assicurando a tutti e a tutti l’accesso ai servizi essenziali di prevenzione e di cura.

Perché non possono essere i privati a gestire le Case della Comunità

Il rischio è che la gestione delle Case di Comunità finanziate con fondi del PNRR, che si concentrano sugli investimenti in conto capitale e non sulla spesa per il personale, vengano affidate al privato convenzionato. L’affidamento a privati comporta rischi e limiti quali: creazione di posizioni di monopolio, asimmetrie informative, mancato coordinamento delle tempistiche, occultamento dei tagli alla spesa pubblica con gare al massimo ribasso con evidenti effetti negativi sia per chi riceve sia per chi offre cura, mancato coinvolgimento di tutta la comunità, incapacità di integrare la dimensione sanitaria con quella sociale. Inoltre le organizzazioni profit presentano ulteriori problemi quali il maggior peso dei detentori del capitale nelle scelte, e la dimensione della mercificazione, in conflitto con la natura universale e il valore intrinseco dei diritti, come quello alla salute.

Il modello auspicabile

Per il ForumDD, invece, bisogna realizzare Case della Comunità che, dentro una regia pubblica, si caratterizzino per l’adozione di forme di autogoverno democratico e per la partecipazione delle risorse plurali della comunità, inclusi gli enti del terzo settore e del volontariato. In termini diversi, si tratta, di pensare a una nuova forma di responsabilità e governo pubblico che riconosca gli attori privati come co-gestori attivi di una funzione pubblica, “soggetti” e non “oggetti” di politiche. Un governo della Casa della Comunità partecipato da rappresentanti del comune, dell’azienda sanitaria e del distretto sociosanitario in cui la Casa è inserita, dei soggetti che nelle diverse comunità si occupano del sociale (cooperative, imprese sociali, sindacati, altre organizzazioni della cittadinanza attiva, incluse organizzazioni di advocacy e mutuo aiuto), dei lavoratori e delle lavoratici e degli utenti.

Il documento “Case della Comunità. Alla ricerca di una «nuova» nozione di pubblico” è scaricabile qui: https://bit.ly/Report_CasedellaComunità_FORUMDD

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