"Abwab”, il giornale fondato dai rifugiati in Germania che racconta storie di speranza
COLONIA – Si chiama “Abwab”, il termine arabo per “porte”. È il giornale fondato da un gruppo di rifugiati accolti in Germania per dare informazioni utili ai migranti in arrivo e raccontare storie positive, di speranza. Il nome scelto rimanda alla storia di uno di loro, il direttore responsabile Ramy Alasheq. Giornalista, poeta e attivista di origine siriano-palestinese, Alasheq è stato imprigionato in Siria e in Giordania per i suoi scritti. In Germania è arrivato nel 2014, grazie a una borsa di studio della Fondazione Heinrich Böll ed è stato accolto da una famiglia di Colonia. “Hanno fatto tanto per me – ha raccontato – ma quando li ho ringraziati, loro mi hanno risposto, ‘non ringraziarci, abbiamo solo aperto la porta’”.
Da qui l’idea di chiamare il giornale “Abwab”, come le porte che tanti cittadini europei, in Germania e in altri Paesi hanno aperto per accogliere nelle loro case rifugiati e richiedenti asilo.
Il primo numero di “Abwab” è uscito il primo dicembre 2015. Stampato in 25 mila copie, è stato distribuito gratuitamente nei centri di accoglienza per rifugiati del Paese. È stato un tale successo che ne sono state stampate altre 10 mila copie. Il secondo numero, di prossima uscita, avrà una tiratura di 45 mila copie.
Cosa c’è nel giornale? Articoli sul conflitto in Siria, un pezzo sulla prima orchestra composta interamente da rifugiati, informazioni utili per i richiedenti asilo, una pagina con gli annunci di persone scomparse. Si parla di integrazione, razzismo e discriminazione. Ma come ha spiegato Federica Gaida della casa editrice New German Media che pubblica il giornale, “in una prospettiva umana”. Inoltre, su Abwab si trovano notizie sulla Siria per consentire ai rifugiati di essere aggiornati su quanto accade nel loro Paese.
Il giornale è realizzato da rifugiati volontari siriani e iracheni, il grafico ha base in Turchia. La redazione lavora via Skype e Dropbox per convidere file e discutere il taglio dei pezzi. “Siamo rifugiati, siamo giornalisti e scrittori – ha detto Alasheq – Sappiamo cosa significa essere i nuovi arrivati”. L’iniziativa è vista con favore anche da Human Right Watch Germania che la considera utile ai fini dell’integrazione dei rifugiati, così come le altre nate dal basso, soprattutto in relazione agli ultimi episodi che hanno coinvolto la città. (lp)