9 settembre 2014 ore: 10:10
Non profit

“Face to face”, non conosce crisi la raccolta fondi fatta sulla strada

L’80% dei nuovi donatori arriva grazie ai “dialogatori” che fermano i passanti. Inchiesta sulla nuova frontiera del fundraising attuata dalle principali organizzazioni non profit. Parlano Unicef, Save the children, Unhcr, ActionAid e Greenpeace
www.unicef.it Dialogatori di strada - unicef

ROMA – Cresce il fundraising face to face. La modalità di raccolta fondi in strada, attraverso i cosiddetti “dialogatori”, è ormai diventata una risorsa indispensabile per molti enti e organizzazioni. In un periodo di crisi delle donazioni, infatti, è proprio grazie al lavoro fatto sulle strade, nelle piazze, ma anche nei centri commerciali e negli aeroporti, da un esercito di ragazzi armati di contratti per le donazioni da sottoscrivere, che molte associazioni riescono a resistere alla recessione. Il reclutamento diretto dei futuri benefattori, infatti, funziona. A confermarlo non è solo l’evidenza empirica, con il proliferare nelle grandi città di fundraiser con pettorine e cartellini in ogni angolo, ma sono le stesse organizzazioni che parlano di risultati positivi che portano a investire sempre di più su questa modalità. Redattore sociale ha contattato direttamente Unicef, Save the children, Unhcr, ActionAid e Greenpeace, le principali organizzazioni che puntano su questa forma di raccolta fondi.

Dialogatori di strada 1 Unhcr

Per tutte i risultati sono più che positivi. Lo scorso anno, per esempio, l’85 per cento dei nuovi donatori acquisiti da Unchr proveniva proprio dal contatto in strada con i dialogatori. Si parla di circa 15mila persone che hanno aderito al programma di donazione regolare “Angelo dei Rifugiati” con una donazione media pari a circa 17 euro. “E quest’anno ci aspettiamo più o meno gli stessi risultati – spiega Federico Clementi, responsabile fundraising di Unhcr – Il face to face è il nostro motore principale di crescita”. L’organizzazione ha circa 250 dialogatori: 100 sono interni (in house) mentre 150 sono i ragazzi che lavorano attraverso agenzie esterne. “Parlando di risultati, quello che più ci piace considerare è che grazie ai fondi raccolti con il programma esternalizzato di face to face dal 2008 al 2013, abbiamo dato aiuto a oltre 300mila persone – spiega – Sono state distribuite 43.846 tende, quasi 1.500.000 di porzioni di “plumpy nut” per bambini, 158.000 kit scolastici, 237.500 kit medici, 617.500 coperte, 63.300 lampade solari, 30.00 kit ostetrici e 190.000 taniche d’acqua da 25 litri. Dal momento che i risultati sono incoraggianti negli anni c’è stato un incremento dell’utilizzo di questo canale di raccolta fondi e non è escluso che possa crescere ulteriormente in futuro. Di sicuro ci continueremo ad investire”.

Dialogatori di strada 6 Save the children

Buoni introiti anche per Save the Children che è stata tra le prime organizzazioni a utilizzare questo canale, nel lontano 2000. Lo scorso anno grazie ai dialogatori ha raggiunto 35.000 nuovi donatori, che hanno versato una quota media pari a 204 euro annuali. “E’ una tecnica che non ha conosciuto nessuna recessione – sottolinea Giancarla Pancione, responsabile dell’area nuovi donatori dell’organizzazione - Perché con il contatto diretto si riesce meglio a spiegare quello che si intende fare con i fondi raccolti. Per noi è una risorsa preziosissima. Ci teniamo molto”.

Per il reclutamento dei fundraiser l’organizzazione si avvale di società esterne, con le quali collabora anche a livello internazionale.

Dialogatori di strada 4 Greenpeace

I risultati sono ottimi anche per Greenpeace, altra organizzazione pioniera del face to face: “Circa il 70 per cento dei nuovi donatori nel 2013 è stato raggiunto grazie a questa modalità di fundraising – spiega l’associazione – nel 2012 si è arrivati all'80 per cento. In termini assoluti, però, il risultato da un anno all'altro non è cambiato molto, la percentuale scende soprattutto per effetto della crescita della raccolta fondi da altri canali”. Greenpeace impiega per il face to face sia persone dello staff, sia persone impiegate tramite agenzie. “Nel 2010 è stata introdotta anche una collaborazione con agenzie esterne, ma nel 2013 ha prodotto risultati minori perché ci siamo concentrati sul programma in house”.

Col dialogo in strada Unicef raccoglie, invece, il 20 per cento circa dei fondi attraverso il programma di donazioni regolari “Amico dell’Unicef”. “La gran parte di questa percentuale deriva proprio da donatori regolari coinvolti attraverso l’attività dei dialogatori – spiega Unicef -Si tratta di una quota crescente nel tempo perché l’aiuto degli Amici dell’Unicef aumenta negli anni sempre di più grazie all’attività di face to face”. Mediamente ogni giorno l’organizzazione manda in strada quasi 100 dialogatori, muniti di pettorina, felpa, maglietta e di un tesserino di riconoscimento (badge) con nome, cognome e fotografia e di materiali di comunicazione con il logo dell’organizzazione. Per questa attività Unicef si avvale di società private “Il face to face è lo strumento preferenziale per trovare nuovi “Amici dell’Unicef” – sottolinea - perché grazie a un contributo regolare e a lungo termine, i donatori assicurano all’organizzazione un flusso costante e affidabile di fondi da destinare al finanziamento dei progetti in base alle priorità definite a livello internazionale – sottolinea Unicef - Inoltre, in questo modo è possibile raggiungere con continuità un gran numero di persone attraverso una sensibilizzazione diretta e interattiva sui temi della nostra mission in favore dei bambini di tutto il mondo”. Nel 2013, ActionAid ha investito per il face to face il 17 per cento del totale speso per la raccolta fondi e attraverso questa modalità ha acquisito il 31 per cento dei nuovi sostenitori. “Nonostante il difficile contesto economico del 2013 – spiega ActionAid – siamo riusciti a ottenere un risultato positivo in termini di acquisizioni di nuovi sostenitori e di entrate”. (ec)

© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news