"Finestra sulla favela": i racconti di Marco, ex project manager milanese
FREETOWN (Sierra Leone) – La favela brasiliana di Rocinha, la più grande del Sudamerica, il quartiere milanese Ponte Lambro, l’ospedale per i malati di ebola nella capitale della Sierra Leone. Tre scenari diversi, tre continenti, una vita: quella di Marco Loiodice. Una volta, dipendente delle multinazionali milanesi, poi volontario, ieri in favela, oggi in Africa. Un’esperienza, quella in favela con la onlus Il Sorriso dei miei Bimbi, talmente coinvolgente e sconvolgente da convincerlo ad aprire un blog per raccontare quella vita, tra le baracche affacciate sulla spiaggia di Ipanema, un frullato di açaí e le armi di narcotrafficanti e polizia pacificatrice. Il blog si chiama Finestra sulla favela, e raccoglie i pensieri di un impiegato catapultato in un nuovo mondo. Oggi, tanti di quei post, sono diventati un e-book, ‘Finestra sulla favela. I racconti’. Edito da DuDag, il libro costa 1euro e metà del ricavato dell’autore sosterrà proprio i progetti del Sorriso dei miei bimbi. 29 racconti divisi in 4 capitoli: ‘Un impiegato in favela’, ‘Entrare in favela’, ‘Essere favela’, ‘Il ritorno’, un percorso ideale di un ex project manager alla graduale conoscenza della grande umanità di favela.
BOX “La prima volta che ho pensato a un blog ero un quadro di Mediaset e mi occupavo di sistemi informatici aziendali – spiega Marco Loiodice –. Avevo rassegnato le dimissioni per spostarmi su un’altra riva, alla favela Rocinha di Rio de Janeiro, a occuparmi di educazione infantile e formazione giovanile. Mi è sempre piaciuto scrivere, ma forse non avevo mai trovato nulla per cui valesse la pena farlo. Quello era il momento: così ho deciso di aprire ‘Finestra sulla favela’, che ha assunto e mantenuto il senso di far conoscere non solo il mio percorso, ma anche e soprattutto umanità emarginate e martoriate dai pregiudizi”.
I 29 racconti del libro hanno l’obiettivo di creare una sintesi tra il percorso dell’impiegato che trova una diversa realizzazione della sua vita e, allo stesso tempo, il racconto della sconosciuta – ai più – bellezza del popolo di favela. “Mi piaceva anche mostrare come, mettendo in pratica le intenzioni, si possa migliorare strada facendo, mano a mano che crescono nuove consapevolezze. Dietro a questo iter c’è anche l’invito a ‘fare di un desiderio un tentativo’, come ripete sempre Barbara Olivi, fondatrice del Sorriso dei miei bimbi, invece che passare gli anni a fare piani in attesa del momento giusto che non arriva mai”. I racconti a cui l’autore è più legato sono quelli che hanno per protagonisti i più piccoli, come quello di Matheus e della sua teoria sulla deriva dei Continenti, ma anche quelli che parlano di bimbi cresciuti, da quelli armati di griglia per il churrasco a quelli armati di mitra.
Oggi Marco lavora in Sierra Leone: dopo un’esperienza di 3 mesi con Emergency in un centro di trattamento ebola, un contratto di 6 mesi con Coopi – Cooperazione internazionale in qualità di coordinatore del progetto di protezione dell’infanzia colpita dall’ebola. La base a Freetown, i viaggi quotidiani nelle comunità rurali e urbane della ‘western area’ dello Stato dell’Africa occidentale. “L’epidemia ha ufficialmente lasciato la Liberia. In Guinea siamo ancora indietro. In Sierra Leone ha avuto un drastico calo, ma di tanto in tanto si riaprono focolai: continuiamo a lavorare, in attesa di vivere il boato di gioia di un popolo che potrebbe essere uno dei più ricchi al mondo per risorse naturali, ma è uno tra i più poveri, dilaniato senza tregua da guerre ed epidemie”.
Il blog, in questi anni, ha seguito la vita del suo autore: prima è diventato ‘Finestra sul Ponte Lambro’, poi ‘Finestra sulla Sierra Leone’: “Pochi giorni fa abbiamo aperto la ‘Finestra sulla terra’, un blog gestito da Andrea, mio collega qui, dove spiega quanto un occidentale con carriera universitaria alle spalle può imparare dalla terra e dal mondo rurale sierraleonese. Mi piacerebbe che fossero spalancate tante altre ‘finestre’, siano esse di cooperanti, ex-impiegati, ex-ricercatori, naviganti, sognatori o realizzatori”.
Marco, due romanzi da finire di scrivere nel cassetto, la voglia di ritrovare gli amici di sempre, vede nel suo futuro nuove amicizie e nuovi Paesi. Con un pezzo di cuore a Rocinha: “Per me quella favela è innanzitutto un luogo di grande umanità che palpita indipendentemente da me. Ma è anche simbolo di umanità sconosciuta e violentata dai pregiudizi: è la vita che mi accolto a braccia aperte. E mi manca, sempre. Mi manca l'atmosfera di festa alla vita nonostante i problemi, il senso di tolleranza reciproco. Mi manca di non poter vedere con i miei occhi i progressi del ‘Garagem das Letras’, caffè letterario e officina di inclusione sociale in favela che ho contribuito a costruire, ma so che in Rocinha c’è una squadra di giovani valorosi che lo portano avanti. Mi mancano i miei compagni di lavoro e i miei bimbi. Ma prima o poi tornerò a trovarli”. (Ambra Notari)