27 settembre 2016 ore: 12:12
Immigrazione

"Flight for life", reportage multimediale sui rifugiati accolti ad Amburgo

Gli studenti di giornalismo di Usa, Germania e Russia raccontano le storie di un gruppo di rifugiati provenienti da Siria, Afghanistan, Iraq, Ghana, Egitto, Iran. Uno sguardo profondo sulle ragioni che spingono le persone a scappare dal proprio Paese e sulle difficoltà di stabilirsi in uno nuovo
Rifugiati in Austria

- Raccontare speranze, paure, aspirazioni, tragedie di un gruppo di rifugiati accolti ad Amburgo (Germania). È l’obiettivo del progetto di cooperazione tra studenti della Medill School of journalism della Northwestern University (Usa), dell’International Media Center della Scuola superiore di Scienze applicate di Amburgo (Germania) e della Scuola di giornalismo e comunicazione di massa dell’Università statale di San Pietroburgo (Russia). Per diverse settimane, 10 squadre formate di studenti da ognuna delle tre università hanno realizzato interviste scritte, video e audio con alcuni rifugiati provenienti da Siria, Afghanistan, Iraq, Ghana, Egitto, Iran. Il risultato? È il reportage multimediale “Flight for life” (Fuga per la vita), uno sguardo profondo sulle ragioni che spingono le persone a fuggire in massa dal proprio Paese di origine e sulle difficoltà che incontrano nel ricominciare in un Paese nuovo. “Le storie non si concentrano soltanto sui rifugiati, ma anche su altri aspetti come le influenze politiche, educative, mediche, psicologiche e sociologiche che li spingono a una fuga disperata in cerca di una vita migliore”, si legge nel sito del progetto.

In “Pediatric healthcare” (Salute pediatrica), Ryan Connelly Holmes, che è stato in Giordania lo scorso aprile, racconta le difficoltà che i siriani incontrano quando attraversano il confine sud verso la Giordania, in particolare per quanto riguarda il sistema sanitario, “non adeguato per rispondere alle loro necessità soprattutto dei bambini”. Aleksandra Elfacheva, Nikita Mandhani e Nina Halbig hanno realizzato “The pain of familial separation” (Il dolore della separazione famigliare) in cui raccontano le storie di 5 siriani che vivono in Germania lontano dalle persone che amano. Per i ragazzi rifugiati ad Amburgo la scuola è il migliore strumento di integrazione, ma le barriere linguistiche, l’isolamento sociale e le esperienze personali traumatiche li mettono davanti a problemi e sfide, lo raccontano Darina Gribova, Aruna Valliappan, Thomas Vogel e Kolja Warnecke in “Refugecation” (un mix tra le parole “refugee” ed “education”). In “Second class refugees” (Rifugiati di seconda classe) Vladislav Chirin, Zineb Doubli e Patrick Martin raccontano le difficoltà dei rifugiati afghani: sono più di 55 mila quelli che hanno fatto richiesta di asilo in Germania negli ultimi 5 anni, ma da quando è iniziata la crisi siriana, gli afghani hanno maggiori difficoltà a ottenerlo. “A key to the world” (Una chiave per il mondo) racconta l’importanza di conoscere la lingua del Paese che ti accoglie attraverso la storia di Thamer Imad e Mohamed. Uno ha 22 anni e l’altro 46, entrambi sono rifugiati siriani che vivono ad Amburgo ma uno parla tedesco, mentre l’altro no.

Catherine Barney, Tanja Drozdazynski e Harry Huggins hanno trattato il problema “casa” ad Amburgo dopo l’arrivo di un grande numero di profughi nella seconda metà del 2015 (circa 500 nuovi arrivi ogni giorno) in “It feels good but it doesn’t feel like home” (Si sta bene, ma non è casa). Una donna iraniana chiede informazioni in una strada di Amburgo, parla in inglese ma tutti le rispondono in tedesco, lingua che lei non conosce. È la storia che raccontano Mona Klarkowska, Alina Kurpel ed Enrica Nicoli Aldini in “Seeking refuge and understanding” (Cercare rifugio e comprensione). Il lavoro di Kat Lonsdorf, Sarah Apel, Arthur Kropanev e Philipp Meuser si chiama “In transit” e racconta la storia di Tarek Gharib, siriano arrivato in Germania nel 2015 che dopo aver vissuto per 8 mesi nel campo profughi di Schwarzenberg One, oggi vive sul Transit, un cargo ancorato nel canale Süderelbe che è stato trasformato in rifugio temporaneo per rifugiati. Daria Malitskaya, Stepahanie Golden e Roma Azadzoy hanno incontrato Hakim Chohbishat che è scappato da Ahwaz, città della regione del Khuzestan, in Iran, in cui la popolazione è di etnia araba, “sono fuggito perché temevo per la mia vita”. La sua storia è raccontata in “Bridging the cultural divide” (Un ponte tra le differenze culturali). La paura che i rifugiati possano far aumentare la criminalità è sempre presente, ma il tasso di criminalità tra gli stranieri in Germania non è aumentato dopo la crisi dei rifugiati e ad Amburgo, tedeschi e rifugiati fanno in modo che continui a essere così. Se ne parla in “Through integration Germany remain safe for refugees” (Attraverso l’integrazione la Germania resta sicura per i rifugiati) di Max Greenwood, Kristina Bosslar e Viktoriia Fomenko. “Stuck” (Bloccata) di Jannika Grimm, Polina Popova e Raquel Zaldivar racconta la storia di Farwazan Chelozai, una donna afgana che vive in un centro per richiedenti asilo insieme alla sua famiglia. (lp)

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