“Housing first”, case al posto dei dormitori per l'accoglienza dei senza dimora
MILANO – I dormitori per senza dimora tra qualche anno potrebbero, almeno parzialmente, andare in pensione. Fio.PSD (Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora) da circa due anni sta lavorando in tutta Italia per adottare un nuovo modello di accoglienza. Si chiama "Housing first" e prevede l'immediata responsabilizzazione del senza dimora all'interno di un appartamento. Invece che arenarsi in strutture d'accoglienza di bassa soglia, ancora fuori dal circuito dell'abitare autonomo, "Housing first" propone subito l'ingresso in casa. "Non faremo a meno del sistema in toto, non possiamo pensare di radere al suolo tutto", commenta Stefano Galliani, presidente di Fio.PSD.
Il 25 febbraio ad Agrigento, ad esempio, invece che inaugurare il nuovo dormitorio, hanno riconvertito la struttura in sette mini alloggi, come il modello finlandese. Sull'isola sono 18 le Caritas che si sono federate per elaborare dei nuovi progetti di assistenza ai senza dimora. Anche la Cei li ha sostenuti donando alla causa 500 mila euro. A Bergamo, il progetto Rolling stones offre ai senza dimora alloggi in appartamento, "consentendo a Regione Lombardia un risparmio importante", commenta Galliani. Oggi e domani a Torino si svolge il primo incontro italiano dell' "Housing First italian network", la rete che conta 42 città italiane e circa cento delegati, tra associazioni e servizi sociali.
"Ora il problema è come tradurre il marchio 'Housing first' in Italia, è come declinarlo nella nostra realtà", aggiunge Galliani. Per verificare i risultati ottenuti in Italia, Fio.PSD ha chiamato due esperti stranieri: José Ornelas, professore dell'università di Lisbona e coordinatore del progetto Casas Primiero e Sam Tsemberis, americano di origine greca inventore del marchio "Housing first". È dalla tradizione anglosassone che i due studiosi hanno mutuato il modello di questi mini alloggi, che in Italia prevede anche una brevissima fase di accompagnamento. Quale sarà il destino dei dormitori? "Diventare centri per una primissima accoglienza ma dove la permanenza dura poco tempo", commenta Galliani.
I primi risultati di questo nuovo modello sono incoraggianti. All'estero le percentuali di mantenimento della casa nel corso degli anni che supera il 75-80 per cento e le persone inserite hanno pochissimi problemi di devianza e un buono stato di salute. Dopo due anni di lavoro, anche i progetti italiani si aggirano sulle stesse percentuali: un dato che con il sistema tradizionale si sarebbe raggiunto in tempi molto più lunghi. (lb)