9 gennaio 2003 ore: 15:40
Società

''Imparziali, ma non indifferenti''. Esce in un libro la ricerca dell'Università di Bologna sull'Agenzia Redattore Sociale

BOLOGNA - Una ricerca per raccontare la nascita dell’agenzia di stampa Redattore Sociale. Uno studio sulle routine produttive, la notiziabilità degli eventi. Le linee editoriali, le fonti e il rapporto con il complesso mondo del volontariato e del non-profit italiano. Una ricerca, infine, che di fatto accredita l’agenzia di stampa nata dalla Comunità di Capodarco fra gli strumenti di lavoro da consultare per un informato giornalista professionale.
E’ stato pubblicato per i tipi della Homeless book “Imparziali ma non indifferenti. Il giornalismo di Redattore sociale”, la ricerca condotta dall’Osservatorio sulla comunicazione sociale, coordinato da Pina Lalli presso il Dipartimento di Discipline della comunicazione dell’Università di Bologna che racconta la storia della prima agenzia di stampa sul sociale nata in Italia. Un lavoro durato oltre un anno, e che esce oggi quando l’agenzia diretta da Stefano Trasatti ha ormai compiuto i tre anni di vita. Il senso del titolo della pubblicazione, (disponibile in libreria oppure scrivendo a homless.book@libero.it) riassume anche la sintesi a cui sono arrivati i ricercatori bolognesi che hanno intervistato la gran parte dei giornalisti che attualmente collaborano con l’agenzia di stampa.
Un libro dove l’informazione sul sociale trova una sua nuova collocazione e, forse per la prima volta, un tentativo di definizione. “Informati, ma non indifferenti” non si chiude però gli occhi analizzando il campo giornalistico, e le regole che lo controllano, relativo ai temi dell’informazione sociale. Tanto da evidenziare alcuni rischi per una agenzia come Redattore Sociale. Il primo – scrive nell’introduzione Pina Lalli, docente di Sociologia della comunicazione all’Università di Bologna - è quello di “non sfondare la barriera di una manifattura mediatica ormai troppo routinizzata e commercializzata per riuscire ad avere confini flessibili o permeabili a nuovi imprenditori morali, e che tutto sommato li disdegna o li considera gerarchicamente mal posizionati nei confronti del proprio cittadino-consumatore. Rischio – opposto, continua Lalli – è di rimanere intrappolati nel comunitarismo ingenuo o nelle diatribe comunitaristiche, destinate o a fare implodere principi e criteri condivisi di “imprenditoria morale”, o a lasciare esplodere nuovi giganti, imprenditori dell’umanitarsimo, più che della morale umanitaria”.
Rischi, a leggere la ricerca, di cui Redattore sociale è ben consapevole. (ms)
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