13 gennaio 2015 ore: 13:33
Società

“Io sono Ahmed, non Charlie. E quelle vignette su Maometto sono come bestemmie”

Il presidente dell’Unione delle comunità islamiche in Italia (Ucoii), Izzedin Elzir, condanna duramente “il barbaro attentato che non può essere giustificato”. E sulla satira che raffigura il profeta: “Serve una legge per vietarla, è questione di rispetto”
Io sono Ahmed

FIRENZE – “Io non sono Charlie, io sono Izzedin Elzir e condivido il nuovo slogan che sta girando nel mondo arabo, che dice ‘Je suis Ahmed’, in riferimento al poliziotto francese di fede islamica rimasto ucciso dai terroristi per difendere il suo paese, la Francia”. Il presidente dell’Unione delle Comunità islamiche in Italia (Ucoii) Izzedin Elzir condanna duramente l’attentato di Parigi, “un atto terroristico vile e barbaro che non può essere giustificato in nessun modo”. Ma quando la conversazione si sposta sulle scelte del giornale satirico, dice che “è ipocrita difendere quel giornale che fino a ieri veniva criticato”.

Lei non è Charlie Hebdo, perché?
Per i musulmani è un oltraggio raffigurare il profeta, credo che se vogliamo dialogare dobbiamo partire dalla conoscenza e dal rispetto reciproco, forse molti nostri concittadini non musulmani non conoscono o non comprendono alcuni aspetti della nostra religione.

Non crede che schierarsi con Charlie Hebdo significhi in realtà sposare la libertà di stampa, e non tanto la politica specifica del giornale?
In parte è vero, ma credo anche che la libertà di stampa finisce laddove si sconfina nell’irresponsabilità e nella mancanza di rispetto. E’ ovvio che sono per la libertà di stampa, ma mi sembra evidente che non tutto debba essere pubblicato, specialmente se questo offende alcune persone. Non è censura, ma rispetto. Così come sui giornali non si bestemmia contro Gesù, non è giusto raffigurare in modo blasfemo Maometto. La comunità islamica qualche anno fa ha denunciato per diffamazione Charlie Hebdo, ma ha perso la causa.

Il nuovo numero di Charlie Hebdo raffigura Maometto in copertina. Cosa ne pensa?
Penso che sia necessario un incontro tra le comunità islamiche e i giornalisti della redazione e credo che servirebbe una legge per evitare che in futuro possano verificarsi di nuovo simili diffamazioni che potrebbero offendere la sensibilità di molti cittadini musulmani.

Sta dicendo che dobbiamo capire le ragioni dei terroristi?
Assolutamente no, i terroristi vanno condannati in tutto e per tutto. I terroristi di Parigi sono criminali perfettamente addestrati e spietati che hanno perpetrato oggi una spaventosa strage contro la redazione. Niente come questa prassi assassina è estraneo alla nostra religione e alla nostra etica e pratica civile.

Ma non crede sia pericoloso concentrare l’attenzione sul buon senso delle vignette piuttosto che sulle atrocità dei terroristi?
Sono due argomentazioni distinte. Noi dell’Ucoii abbiamo immediatamente condannato i terroristi. Personalmente non vorrei concentrare l’attenzione sul buon senso delle vignette, ma sulle atrocità di questi criminali. Spesso sono i giornalisti che mi chiedono di rispondere a domande riguardanti le vignette.

Allora parliamo di terrorismo. Il radicalismo islamico sta terrorizzando il mondo. Una strana coincidenza il fatto che i terroristi uccidano in nome di Allah.
Non c’è dubbio che all’interno di 1 miliardo e 700 milioni di musulmani ci siano gruppi di persone che compiono atti che niente hanno a che vedere con l’Islam. Ribadiamo una volta per tutte che l’Islam non vuol dire terrorismo. Forse è opportuno ricordare la storia ogni tanto, per rendersi conto che negli ultimi cento anni la maggior parte dei morti non arriva certo dall’Islam, ma dalle guerre mondiali, dalla bomba atomica e da tante altre guerre dove muoiono civili innocenti.

Secondo lei, il terrorismo è aumentato dopo le guerre in Iraq e Afghanistan?
E’ aumentato ed è diventato più atroce, da Al Qaeda siamo arrivati all’Isis, c’è ancora più estremismo. (Jacopo Storni)

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