"Je reviens": un viaggio al contrario sulla rotte dei migranti raccontato per immagini
Je reviens. Foto di Giovanni Cobianchi
BOLOGNA – Un viaggio a ritroso da Lampedusa fino in Africa sulle tracce dei migranti. Un volo fino in Tunisia e poi da lì il deserto, le strade impolverate, i villaggi e i sogni dei tanti ragazzi che partiti dalle coste africane hanno affrontato il mare per sfuggire a guerre, miseria o per inseguire un’idea di libertà. Da Lampedusa fino nel cuore di tenebra del continente nero: Tunisia, Niger, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Mali, Libia, sono stati i Paesi che Giovanni Cobianchi, ‘girovago di natura’ come ama definirsi, ha visitato per raccontare la storia dei ragazzi che da qui sono partiti alla scoperta del mondo. Il risultato di questo viaggio, intrapreso tra il 2012 e il 2013, è stato prima un blog e poi un libro dal titolo “Je Reviens”, che verrà presentato, domani 25 novembre, alle 18.30 al Tpo, Teatro polivalente occupato, di Bologna. “In questo libro ho cercato di raccogliere le storie di chi ha scelto di lasciare le proprie case alla scoperta del mondo – dice Giovanni Cobianchi – C’è chi fugge perché costretto a causa della guerre o per sfuggire alla fame, ma c’è anche chi decide di mettersi in cammino solo per la curiosità di vedere cosa c’è al di là della propria città o villaggio”.
Un’esperienza che è durata 5 mesi e che ha visto la luce in un centro d’accoglienza per minori non accompagnati a Verona, dove Cobianchi ha lavorato come operatore in occasione dell’Emergenza Nord Africa. Dopo aver provato a convincere i ragazzi, con scarso successo, a scrivere un libro sulla loro esperienza, ha deciso di intraprendere un percorso che gli facesse vivere e provare le loro stesse emozioni e difficoltà. “Ho deciso di fare questo viaggio e provare a capire sulla mia pelle cosa si prova e quali disagi e problemi molti migranti si trovano ad affrontare – continua Giovanni – La prima tappa è stata la Tunisia e da lì mi sono spostato con autobus, macchine e in aereo per raggiungere altri Paesi”. Ha incontrato attivisti politici che hanno scelto di restare per difendere i loro diritti in Tunisia, i lavoratori delle miniere d’oro del Mali, un campo profughi in Libia e le famiglie di alcuni ragazzi. “In Costa d’Avorio ho incontrato le famiglie di due ragazzi con cui ho lavorato a Verona – dice – Mi ero fatto un’idea di quest’incontro in cui loro mi avrebbero chiesto dei loro figli, di cosa facessero, e invece mi sono dovuto ricredere. Per loro la cosa importante era che stessero bene. Il resto non aveva grande importanza”. L’ultima tappa è stata la Libia e le sue coste cariche di ragazzi pronti ad affrontare il mare. In un centro di detenzione a Bengasi si vedono gli occhi carichi di speranza di chi dopo torture e altre sofferenze è pronto ad attraversarlo a rischio della vita solo per un sogno. (Dino Collazzo)
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