“L’Islam è la prima vittima del terrorismo”: le voci di musulmani e cristiani a Roma
ROMA - La prima vittima del terrorismo è l’Islam. È questo il messaggio che i musulmani italiani hanno voluto lanciare da piazza Santi Apostoli a Roma dove questo pomeriggio si è svolta la manifestazione ‘Not in my name’. La pioggia battente ha smorzato la partecipazione: erano presenti solo un centinaio di persone. Non solo musulmani ma anche cattolici e ebrei: tutti uniti per dire no al terrorismo. “Siamo parte integrante delle società italiana e vogliamo vivere in pace”, hanno urlato dal palco.
Lola ha 46 anni ed è venuta a manifestare insieme a suo marito: “Siamo qui da venti anni e adesso tutti ci guardano con occhi strani, con diffidenza. Se entriamo in un supermercato ci additano. Mio figlio è nato qui, si sente italiano e non egiziano. Noi siamo vittime due volte: del terrorismo e del pregiudizio”. Naima, invece, ha 51 anni e viene dal Marocco: “La nostra è una religione pacifica e invece ci stanno facendo passare per delinquenti. Noi siamo il capro espiatorio perfetto. Sono arrivata a Roma 30 anni fa e soffro quando sento parlare male dei musulmani. Avverto che il clima è cambiato nei nostri confronti. Ma gli italiani devono sapere che l’Islam non predica la violenza ma la pace”.
Anche Said, 27 anni, viene dal Marocco ed è arrivato in Italia 14 anni fa. “Sono qui oggi per dire che chi uccide non fa parte dell’Islam. Hanno preso in ostaggio la nostra religione e la usano come meglio credono. Pensano tutti che siamo terroristi ma invece queste persone che uccidono sono la minoranza: la maggior parte dei musulmani è gente per bene e onesta”. Abdul è arrivato da Perugia con un pulman insieme ad altre venti persone: “Ho voluto portare la bandiera italiana e quelle europea perché noi siamo prima di tutto cittadini italiani e europei e poi musulmani. Io vengo dalla Turchia, ho 62 anni e da 26 vivo e lavoro in Italia”.
Un clima di diffidenza confermato anche dai dati presentati oggi dal Comai, comunità del mondo arabo in Italia: “Dal primo attentato a Charlie Hebdo ad oggi i licenziamenti di persone musulmane sono aumentati del 5 per cento. A scuola abbiamo registrato un aumento delle discriminazione nei confronti dei bambini di religione islamica del 36 per cento”, ha affermato Foad Aodi, presidente dell’Amsi, associazioni medici di origine straniera, che ha partecipato alla manifestazione. “Siamo scesi in piazza per dire no al terrorismo. Queste persone che uccidono senza scrupoli sono prima di tutto assassini della nostra religione”. (Maria Gabriella Lanza)