22 marzo 2016 ore: 15:05
Giustizia

"La verità nell’ombra". Il carcere di Rebibbia torna in scena

Si è svolto ieri lo spettacolo teatrale di Patricio Paccioni. In scena, al teatro Trastevere di Roma, la compagnia “Stabile Assai”della casa circondariale di Rebibbia. Un’occasione anche per presentare il protocollo di intesa tra Cittadinanzattiva e la Direzione della casa circondariale in tema di diritti umani
Tania/Contrasto Carcere di Rebibbia: detenuti attraversano un corridoio

Foto di Tania

ROMA - Si chiama “La verità nell’ombra” ed è lo spettacolo messo in scena dalla compagnia “Stabile Assai” della casa circondariale di Rebibbia ieri al teatro Trastevere di Roma. Nato dalla penna di Patrizio Paccioni, la storia racconta il celebro processo di Viterbo sull’assassinio di Salvatore Giuliano e il suo luogotenente Gasparre Pisciotta. Il processo diventa di fatto il contenitore di una storia che non è solo un processo, ma la storia di un periodo storico confuso e contraddittorio in cui si consolida il potere tra Stato e Mafia. Sullo sfondo la strage di Portella della Ginestra, la campagna siciliana, il ruolo di alcuni deputati siciliani e del potere politico, ma anche il ricorso alla tortura per estorcere le confessioni dei banditi.

Ed è di tortura che ieri, alla fine dello spettacolo, si è tornati a parlare. Lo spettacolo è infatti alla base del protocollo di intesta siglato tra Cittadinanzattiva e la Direzione della casa circondariale di Rebibbia in tema di diritti umani. La piece teatrale è stata occasione per parlare di tortura e dell’urgenza di introdurre nel nostro ordinamento questo reato a 28 anni dalla firma della convenzione delle Nazioni Unite.

“A dicembre scorso – ha spiegato Laura Di Berto, responsabile Giustizia di Cittadinanzattiva – abbiamo avviato con la Direzione della casa circondariale di Rebibbia una collaborazione in tema di diritti umani con il coinvolgimento della compagnia teatrale carceraria “Stabile Assai”. Oggi, come nostra prima iniziativa, abbiamo voluto sensibilizzare all’urgenza di una legge contro la tortura nel nostro Paese. Perché la tortura riguarda la storia del nostro Paese, passata ma anche odierna”.

“Sono sedici anni che dirigo Rebibbia – ha poi aggiunto Stefano Ricca, Direttore della casa circondariale romana – e tantissimi anni sono passati dalla prima rassegna teatrale. Oggi rivedo tanti ex e sono emozionato perché sono rimasti nella compagnia. E’ la testimonianza che il carcere non è tempo vuoto, ma momento di idea di sé di cui ci si può riappropriare”.
“C’è una maggior consapevolezza di cosa è e cosa deve essere la pena – ha poi concluso il Garante nazionale per i detenuti, Mauro Palma -, ma ci deve essere anche su cos’è la tortura. C’è ancora tanto da fare. Il nostro Paese dal 2008 è stato condannato per questa lacuna. Si faccia presto. Ci sia quella consapevolezza che ancora manca, anche a livello culturale”.  (eb)

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